Temevo sarebbe successo. Dopo il mio annuncio di
evitare come la peste il Corriere della Sera di domenica e del suo
inserto La Lettura, che ospita l'intervento di Fabio Volo, questa
mattina mi sono ritrovato sotto casa dei broccoletti viventi che mi
hanno rapito e portato in un appartamento piccoloborghese, con una
signora che cucina da non so più quante ore.
Mi hanno legato e costretto a leggere ad alta voce
l'articolo culturale di Volo.
Titolo (non scherzo): “I miei libri, come
broccoletti nell'anima”.
Come vedete, dopo la narrativa adesso dovrà tremare
il mondo della poesia.
Inutile il mio protestare, urlare e serrare gli
occhi: l'alternativa era leggere quello o dover ascoltare senza
tregua in cuffia l'opera omnia di Gigi D'Alessio.
Faccio un breve riassunto per chi ha voluto
conservare i nervi a posto, partendo dal dato fondamentale:
nell'articolo non c'è la minima ombra di un argomento o un
ragionamento culturale.
Se mai, il tutto si riduce ad un lunghissimo peana
sulla sua “molla interiore”, un temino pseudo-sociale su come i
tempi stiano cambiando e il “pubblico” anche. Lui la vede come
una cosa positiva – per forza, ci fa palate di soldi sopra – io
l'avverto come sirena d'allarme, peraltro vecchia: tanti di quelli
che leggono i suoi libri non sono lettori abituali ma occasionali o
d'occasione. Poi Volo dà il massimo: parla di come non abbia un
fanclub ma latori del suo successo siano milioni di persone qualunque
(ovviamente le persone migliori: quelle che fanno l'Italia, che sono
l'Italia, forza Italia! Famigliuole, laureati, diplomati, quelli con
la terza media come lui, preti e suore). Arriva persino, sfiorando il
sublime, ad accusare la nostra letteratura di utilizzare personaggi
banali e poco sfumati (ora, non che si brilli in questo senso, ma
almeno qualche scrittore un po' di ambiguità la utilizza: ma Volo
legge? Cosa e chi legge?). Poi si capisce il perchè: mica prende in
mano dei libri, lui, guarda la tv. I libri vanno scritti, spiega,
come Breaking Bad, come Mad Men... come le serie americane insomma.
Vorrebbe fare questo, in futuro. Sospiro di sollievo
da parte mia. Volesse il cielo, come se in America non ci fossero
migliaia di scrittori dal talento cristallino che contro le ostiche
strutture della narrazione seriale non si sono rotti le ossa. Un tipo
di format che richiede non solo capacità inventiva ma anche
rispetto, dedizione, mestiere, sagacia, tecnica: buona fortuna.
E poi, ecco il vero punto a cui tiene: in Italia –
sorpresona – c'è troppa gente che critica perchè è avvelenata
dall'odio. Dopo il partito dell'amore (che vince sempre sull'odio,
ricordatevelo, stronzi fottuti che non siete altro) ci sarà il
circolino letterario dell'amore. Viva l'amore.
A quel punto (che purtroppo era alla fine) non c'è
l'ho più fatta. Ho strappato le catene, ho divorato i broccoletti,
ho lanciato la signora dentro al forno e poi sono andato a vomitare.
Tutti uguali. Come al solito il ragionamento finale
arriva lì. Senza cattiveria, per carità, ma ci vogliono tutti
uguali. Quelli come Volo vorrebbero che guardassimo Zalone e La vita
di Adele con gli stessi occhi, lo stesso spirito e la stessa assenza
di capacità critica, così da dire: “Oh, che bel film” verso
entrambi. “Sì, a modo suo è interessante”, per le opere di
Kechiche e per Sole a catinelle. Per carità, mai dire che qualcosa è
una merda, che magari manca di originalità, inventiva, basi
tecniche, o che magari è un'inutile brodaglia riscaldata di melenso
autobiografismo d'accatto con aforismi da due soldi. No, saremmo dei
cattivoni avvelenati d'odio che, probabilmente, hanno aspirazioni
frustrate.
Altro grande cavallo di battaglia di chi ha una
qualunque forma di successo per tagliare le gambe a chi
legittimamente vuol dire la sua.
A Volo e quelli come lui:
auguratevi davvero che il vostro pubblico non entri mai in contatto
con la vera letteratura, come ipocritamente augurate.
Dovreste, invece, farvela sotto di fronte a questa prospettiva. Se
uno legge Calvino non può sperare poi di leggere Fabio Volo con gli
stessi occhi, fare come se niente fosse. Che si mettano l'anima in
pace, lui e i suoi broccoletti: una volta che qualcuno entra in
contatto con qualcosa di puro, di bello e di vero, la stronzata non è
più digeribile. Dopo aver letto, visto o ascoltato un'opera davvero
grande, sconvolgente, interessante, dal valore alto e istruttivo...
una stupidaggine innocua e leggera, anche se sincera avrà la
considerazione e la critica che si merita.
Per quanto riguarda l'altro tormentone-tormento del
giorno, ovvero Masterpiece, mi tocca tacere. Il fatto è che
semplicemente non mi interessa. La trovo un'idea malsana fin dalla
sua nascita, basata su un presupposto sbagliato e fuori da ogni
logica, ovvero abbassare la scrittura a materia di reality-talent e
relative dinamiche, alle quali l'esercizio della letteratura non si
può declinare. La mia soluzione è soltanto una, togliere quello che
serve alla tv: lo spettatore. Non lo vedo e non lo vedrò (nota per
altri aspiranti broccoletti: spero non mi tocchi una cura Ludovico
per questo).
Così come non darò mai soldi a case editrici, riviste e quotidiani che ospitano interventi dell'autore dei broccoletti nell'anima, e di levatura simile.
Citazione da tenere a mente per tutti: “E voglio indifferenza se mai
mi vorrai ferire”.
Iniziamo, almeno noi, a ignorare questi fenomeni.
E ora provate a darmi dello snob, bitches.
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