Ho
atteso qualche giorno, prima di scrivere la recensione di Noah,
l'ultima opera di Darren Aronofsky, perché mi ci è voluto
effettivamente un po' di tempo per metabolizzarlo.
Sgombriamo
il campo dalle facili battute: ok che la Bibbia è il primo fantasy
della storia (e forse il più grande), ok che questo film può essere
etichettato come un naufragio o un diluvio di cazzate, ok. Ci siamo
capiti.
Noah
è, in buona sintesi, un'opera che non merita i fiumi d'inchiostro
reale e digitale che gli sono e gli saranno riservati. Intrattiene,
almeno per metà, ma rimane un oggetto indefinibile (non nel senso
migliore del termine), con scarsa identità e troppe idee gettate nel
calderone. Al di là di un aspetto visivo interessante e ben giocato,
il film manca di identità ma soprattutto di mordente. Un po' troppo
facile giocare sui dubbi squisitamente moderni che solleva la
"missione sacra" di Noè e squadernati con i dialoghi e la
contrapposizione manichea con il re incarnato da Ray Winstone e
"figli di Caino".
Un'ambiguità
mai sviluppata appieno che - se non dialogica - viene risolta in
maniera elementare e secca: la famigliola dei buoni, timorata e
vegetariana, il cui patriarca è spinto/vinto dall'ossessione e motore unico
dei conflitti esterni ed interni; i cattivi cattivissimi (un po'
semplice farsi domande sull'eventuale presenza di innocenti quando
sei al sicuro e gli altri annegano) che vivono e agiscono in modo
selvaggio e squarciano agnelli a mani nude.
Come se gli uomini di Dio
nel corso delle sacre scritture, prima e dopo l'Arca, non l'avessero
mai fatto... Ma è solo una delle tante "leggerezze"
diluite in questa (lo dico? lo dico) fiera del pacchiano messa in
piedi da un Aronofsky regredito, dopo The Wrestler e Black Swan, ai
temutissimi tempi di The Fountain.
Bibbia
e New age possono coesistere? Eccome, se per questo regista l'antico
testamento può trasformarsi nella Storia Infinita ibridata con i
Transformers: sto parlando dei Vigilanti, gli angeli caduti fusi con
fango e roccia che sono un utile pretesto per colpire i bambini e
giustificare la costruzione dell'arca in tempi record (sebbene questa
assomigli più a un Kinder Colazione Più in vimini).
Ecco,
tra computer grafica non irresistibile (soprattutto per gli animali),
eccesso di paesaggi in time lapse e colori ipersaturi, ridondanze
visive e narrative, fatale assenza di ritmo in più punti, la
pellicola si perde e raramente ritrova un guizzo interessante.
Il
colpo fatale è dato da una seconda parte senza alcuna tensione:
sappiamo benissimo che Noè non può morire e che la sua famiglia è
destinata a ripopolare la Terra... Giocarsi l'ultima ora di film
sulla falsa prospettiva di estinzione e di infanticidio da parte del
protagonista è la mazzata fatale alla resistenza dello spettatore.
Aronofsky
sembra più impegnato a realizzare singole sequenze d'impatto, in
special modo quelle legate all'aspetto virtuosistico, visuale e arty:
il racconto della creazione del mondo, ad esempio, forse il momento
migliore di tutta l'opera, anche se di una paraculaggine che
raggiunge livelli stratosferici (mostrare l'evoluzionismo fino ad un
passo dagli "esseri di luce" Adamo ed Eva é quantomeno
pilatesco).
Ma
ci interessa il cinema, più che la videoarte, ed ecco perché Noah è
un film zoppo, ma che mentre zoppica ti pesta pure i piedi con la
stampella: non basta un bel comparto visivo, qualche grandiosa scena
di massa, una battaglia stile Roland Emmerich (è un complimento come
un'offesa, lol) e la costante ricerca di un respiro epico a tenere in
piedi un kolossal biblico che sembra più la versione dark di un
cartoon del sabato mattina su JesusTv.
Russell
Crowe sostiene la parte del Noè gladiatorio con impegno e giusta
intensità, nonostante qualche momento di pilota automatico e una
schizofrenia di look niente male (è l'unico che invecchia e cambia 3
tagli di capelli, vanitoso!). Jennifer Connelly rinsecchita elargisce
monologhi lamento si è i tre figli, Logan Lerman a parte, sono
decorativi; Emma Watson, ahimè, conferma quelle 4 smorfie te che la
rendono carina ma poco aderente ai ruoli tormentati. Hopkins
incommentabile nel suo solito cliché di vecchietto rimbambito ma
cool (Matusalemme forse è un personaggio troppo sacrificato) e Ray
Winstone strabordante che declama proclami di guerra e pensa d'essere
nel Signore degli Anelli.
Per
favore, date ad Aronofsky solo copioni minimalisti e storie di
riscatto e morte a budget ridotto. O almeno fategli mangiare una
bistecca.
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