Nella
recensione del volume uno avevo definito Nymphomaniac “una grande
operazione di marketing”. Lars Von Trier porta fino in fondo questa
definizione con il volume due, ma nel senso peggiore. Ovvero, di
questa opera ci rimarrà solo il ricordo del marketing (e la noia
delle versioni uncut, ormai pratica vecchia come il cucco), perchè
di cinema o di qualsiasi cosa serva a dare dignità ad un'opera
cinematografica, qui non c'è quasi traccia. Tutto quanto di buono
costruito dal primo capitolo viene abbandonato, anche le aspettative
di un prosieguo meno verboso e più drammaturgicamente originale e coeso,
coinvolgente e movimentato.
Se
ma c'è stata una cesura inutile, è stata quella tra i due volumi di
Nymphomaniac: il lunghissimo dialogo tra Joe e Seligman prosegue
nello stesso identico modo, aneddoto – interpretazione
dell'aneddoto – scambio di vedute su società/umanità/sessualità,
e così via.
Non
c'è neppure più traccia di quella vena di ironica-beffarda che
aveva alleggerito e impreziosito il racconto la masochistica routine
di Joe nel film precedente. Resta un'aura seriosa e mortifera che
aleggia per tutta la pellicola, con Von Trier più impegnato a
spiegarci attraverso le parole di Joe le sue opinioni non richieste
sul mondo, sul politicamente corretto, sulla democrazia e sulla
guerra tra i sessi.
Per
di più, e mi spiace veramente dirlo, tutte le conclusioni al quale
l'autore danese arriva sono, forse per la prima volta nella sua
carriera, di una banalità sconcertante ed articolate attraverso le
parole anziché veicolate attraverso le immagini e la messa in scena.
Concetti lasciati lì, tra lo schermo e lo spettatore.
Anche
la storia portata avanti, la storia di Joe, difficilmente riesce a
catturare l'attenzione profonda e l'interesse dello spettatore: la
sua psicologia rimane comunque abbozzata, i fatti che ne delineano la
personalità presentati come quadretti sopra le righe e poco
credibili, quasi favolistici. Il conflitto si avverte in maniera
labile.
Il
simbolismo della pellicola è abbastanza semplice, il gioco dei
rimandi con le opere precedenti dell'autore sterile. Ancora una
volta, ma con il segno negativo, non si può che constatare la
sistematica frustrazione delle aspettative dello spettatore, siano
essere onorevoli o meno. E questa volta non si tratta di intelligente
strategia, siamo davanti ad un tradimento bello e buono.
Certo,
l'autore è padrone della propria opera, ma questo non significa
poter utilizzare un film come mezzo per pontificare su concetti che
starebbero dentro ad uno striminzito pamphlet e poi sperare di non
venir mandati legittimamente a quel paese dal pubblico.
Può
darsi che io abbia preso un abbaglio e non sia stato in grado di
sintonizzarmi sulla lunghezza d'onda di questo affresco che Von Trier
ha messo in piedi per parlare di alienazione e critica alla società
bigotta, borghese e perbenista.
Ma
francamente, ci vedo poco materiale con il quale elaborare teorie
universali.
Nymphomaniac
non può avere l'attenuante generica dell'essere “prodotto
d'autore”.
C'è poca Stacy Martin e troppa Charlotte Gainsbourg,
c'è poca anima e troppo calcolo, poco sesso e molta pornografia. C'è
poco cinema e troppo ego. C'è poco Von Trier e molta “persona non
grata”.
Un'etichetta
che ha fagocitato il suo compiaciuto portatore.
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ne pensi di Nymphomaniac? Lascia il tuo commento!
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