Korea
+ USA = un treno folle lanciato intorno al mondo in un futuro
post-apocalittico gelato da una nuova glaciazione, con i poveri
disgraziati degli ultimi vagoni sull’orlo della rivolta nei
confronti dei ricchi tiranni di prima classe... *anf anf* Ta-dà!
Mega-metafora
dell’umanità mai velata o nascosta, ma per nulla pesante e anzi,
divertente nello sfidare lo spettatore a leggere ogni singolo
dettaglio nel modo in cui ritiene migliore. E soprattutto, pellicola
spesso folle e sorprendente, per nulla scontata.
C'era
attesa da parte mia, e che attesa, per questo Snowpiercer, che doveva
segnare il grande passo in coproduzione con gli americani di quel
bravo regista, forse il più interessante tra i coreani, di certo il
più duttile (non volercene Park Chan-Wook, ma dopo Stoker… eh)
ovvero Bong Joon-ho. Uno che se non avete visto tutta la sua
filmografia, aprite Wikipedia e dateci dentro, signori, perchè ne
ricaverete grandi soddisfazioni (tip: Memories of murder, The host).
Iniziamo
dalle buone notizie, che sono TANTE e sono esaltanti: intanto il film
è uscito in Italia (cosa non scontata) in un buon numero di sale
(cosa non scontata affatto) in versione integrale senza tagli (cosa
che merita tre punti esclamativi: !!!).
Il
che significa: non dovrete sbattervi troppo per vederlo su grande
schermo – e lo ripeto per i duri d'occhi: VEDETELO SU GRANDE
SCHERMO – vi divertirete come caimani in una vasca di pulcini per
la maggior parte del tempo – dove ci si mena, schizza sangue ma
sempre nel contesto rivoluzionario e simbolico del fanta-movie con
coscienza - e succedono cose pazzesche. Poi c'è anche un po' di
dialogo sovrabbondante, ma c'è il dazio da pagare per la paura tutta
americana (i Weinstein, che volevano sforbiciare la pellicola) di non
essere abbastanza potabili al pubblico di massa.
Qui
ci sono le magagne: ovviamente non ci si poteva aspettare un prodotto
estremamente eccentrico e narrativamente fuori dagli schemi come una
pellicola al 100% asiatica, per cui molti appassionati potranno
storcere il naso di fronte a spiegoni fluviali, monologhi didascalici
e scelte di sceneggiatura un po’ banalotte. In compenso, Bong
regista ci mette tutto quello che può per sabotare il Bong
sceneggiatore, imbrigliato dalla co-scrittrice USA Kelly Masterson. Quindi, un
comparto visivo strepitoso, che catapulta lo spettatore dai grigi e
dal buio della prima parte ad un rutilante ottovolante pieno di
trovate nella seconda, con in mezzo personaggi semplici ma non
banali, cattivi inquietanti e fuori di testa, scene d’azione
lunghe, articolare, coreografate alla grandissima e divertenti (da
accompagnare a gridolini e sommessi applausi, con cenni d’assenso
con la testa). L’ultima parte opera quell’atteso e inevitabile
plot twist che conduce al finalone, al tirare le fila e i destini dei
personaggi, dopo un rallentamento di ritmo che rischia di far calare
la tensione ma che, in fondo, non è che l’ultimo slancio prima del
salto nel vuoto finale.
Cast
da promuovere, sebbene le interpretazioni non siano tanto eccelse
quanto, se mai, aderenti ai personaggi: vale a dire monolitico il
protagonista tormentato Chris Evans, vagamente grottesca e sopra le righe Tilda
Swinton (ahahah, ma solo vagamente, sì), sottotono John Hurt e da
sufficienza Jamie Bell. Il ruolo dell’outsider cool tocca al
taciturno attore-feticcio coreano Song Kang-Ho con la “figlia” Go Ha-Sung, coppia che rappresenta la variabile impazzita, oltre che
indispensabile, del gruppo.
Da
sottolineare ed esaltare diversi aspetti della pellicola: l’assenza
di un qualsivoglia istinto al politicamente corretto; l’assenza di
riguardo verso l’incolumità dei personaggi maggiori e per la
pletora di character secondari e/o cattivi abbozzati, che vengono
senza distinzione falciati lungo l’avvicendamento dei vagoni nei
modi più disparati; l’averci risparmiato il solito love interest
del protagonista, i baci noiosi, gli addii strappalacrime, i commiati
patetici. Insomma, grazie.
Snowpiercer
è un bel filmone di fantascienza, solido, visionario, che in più di
un tratto ricorda – ma senza mai risultare derivativo - le belle
opere fantastiche e di fantascienza degli anni 80-90, dal George
Miller dei Mad Max al Jean-Pierre Jeunet di La citè des enfants
perdus, e tanti altri. Tutto questo con un immenso talento nella
messa in scena, un fortissimo senso dello spettacolo e la voglia di
piegarsi a pochi compromessi.
Da
vedere e godere!
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