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domenica 6 luglio 2014

Halt and catch fire: ecco l'erede di Mad Men, in salsa nerd anni '80

Catturare la vostra attenzione per parlare di Halt and Catch Fire?
Si gioca tutto su una semplice operazione matematica: Mad Men + The Social Network + nostalgia targata 1980.
E sulla sigla iniziale, strepitosa:




Ci siete ancora? Questo vuol dire che la nuova serie del canale americano AMC (sì, proprio lo stesso di Mad Men) può fare al caso vostro. Arrivata a metà della corsa (5 episodi su 10 della prima stagione) è il momento di parlare di questa giovane creatura che potrebbe avere un lungo e luminoso futuro. 
Come specificato in apertura, la formula con la quale si può grossolanamente bollare la serie creata da Christopher Cantwell e Christopher Rogers è quella del patchwork di successi legati a effetto-nostalgia, sfide tecnologiche e ambizione.

Ricostruzione d'epoca, lettura “epica” di un contesto storico e dei suoi protagonisti, classica struttura romanzata per incollare lo spettatore allo schermo. 
Siamo nel 1983, IBM domina il mercato dei computer: uno spregiudicato e misterioso ex dipendente del colosso informatico si presenta alla posta della società Cardiff Electric e si fa assumere, grazie al suo curriculum e la sua parlantina. E' Joe McMillan (Lee Pace), giovane e rampante agente commerciale, che nel giro di un paio di giorni “incastra” i suoi nuovi boss seguendo un proprio visionario progetto: battere la IBM sul suo stesso terreno, la produzione di computer.
E' un terremoto. Joe è arrivato lì seguendo gli articoli di un ingegnere della Cardiff, Gordon Clark (Scoot McNairy), scottato da precedenti fallimenti nel progettare dispositivi e mettersi in proprio, ma con il fuoco che ancora brucia sotto la cenere.

Con una incredibile maratona di reverse-engineering, i due compilano il BIOS delle macchine IBM e si apprestano all'operazione di clonazione, prima passo verso un azzardato progetto di miglioramento tecnico e di abbattimento dei costi.
Peccato che la IBM non stia con le mani in mano: sfidata dallo stesso McMillan che – a quanto pare – sembra sapere il fatto suo, mette in campo decine di avvocati ma non riesce a fermarli, al contempo costringendo la Cardiff ad andare avanti nell'idea di Joe. Ritirarsi sarebbe ammettere di aver copiato.
La guerra andrà avanti in modo sanguinoso, e non solo a colpi di attentati aziendali. Gordon ha una famiglia e mettendosi in gioco vede tutto a rischio: la moglie, intelligentissima impiegata della Texas Instruments (Carry Bishé), e le due piccole figlie. Quale futuro potranno avere?

Tra Joe e Gordon c'è il terzo incomodo, incarnato da una splendida studentessa ventiduenne che coniuga la figura del genio problematico e del punk asociale: Cameron Howe (Mackenzie Davis), fisico da modella e capelli alla Twiggy in versione The Clash. Personaggio dalla credibilità pari a zero (donna, bellissima, ribelle, appassionata di codice binario: un po' troppe comode coincidenze) che però funziona perché utilizzato col contagocce e contrapposto a due uomini “ordinari” che mettono a nudo le loro fragilità – Gordon insicuro e irrequieto, Joe bugiardo e dall'oratoria fatta di slogan da venditore.

La scrittura della serie è eccellente per quanto riguarda la struttura drammatica, a partire dalla scelta di mettere un carismatico imbroglione come McMillan al centro della storia: è lui a spiegare tutte le mosse più ostiche agli altri, e al tempo stesso allo spettatore, con linguaggio semplice e di stampo pubblicitario.
A lui si contrappongono Gordon, introverso, taciturno e caratterialmente debole e la complessa Cameron, sempre in bilico tra la macchietta disadattata e la ragazza profondamente sensibile.

E Joe, misterioso, affascinante, consumato dal “sacro fuoco” della visionarietà, come figura è ancora in bilico tra il magnifico millantatore e il sognatore disincantato. Di certo è un tipo disposto a tutto per raggiungere i suoi obiettivi e capace di utilizzare qualsiasi persona come strumento. Non per questo riesce sempre a uscire come vorrebbe dai casini che crea, e il suo atteggiamento gli farà da subito pagare caro alcune leggerezze.
Le ombre gettate sul suo passato (l'impiego precedente, l'anno in cui è sparito, il padre...) potranno sicuramente reggere sul lungo termine se ben giocate. Per adesso suonano molto come “paletti narrativi” già sentiti, ma siamo pronti a farci stupire.

Gli anni '80 del secolo scorso sono più evocati che mostrati, esattamente come in Mad Men: si gioca sugli interni, su case e uffici, abbigliamento, capigliature e tecnologie assortite (batticuore per il cameo del Grillo Parlante della Texas Instruments!). L'effetto, oltre che esageratamente generoso verso un decennio che ha visto cose allucinanti nell'estetica, è anche un pochino blando, però non me la sento di dire che il setting è anonimo. Alla fine, quello che conta è il risultato finale e, sommati tutti gli elementi, posso dire che il contesto storico risulta abbastanza credibile.

Halt and catch fire è una serie che promette di coinvolgere ed emozionare tutti, dagli appassionati di storia dell'informatica a quelli che cercano un drama sofisticato e con personaggi sfaccettati.
Bel lavoro. Adesso attendiamo il resto della stagione per tirare le somme.

lunedì 17 febbraio 2014

Belle e Sebastien: Nostalgia CANaglia

Prima della cura
Buono. Ma che dico buono, due volte buono! Signora, cambierebbe i suoi due cagnolini stupidi e fastidiosi con un candido bestione sesso femmina intelligentissimo, buonissimo e affettuosissimo? Suvvia, signora, lanci quei due carlini nel vuoto di un canalone delle Alpi e si prenda Belle, che pesa due tonnellate e mangia un bue al giorno (ah, no, scusate, lei no, mica è carnivora: però ruba le salsicce ai cattivi, ci mancherebbe). Ah, con lei viene anche quel piccolo orfano autistico di Sebastien. Tanto il nonno, che è scorbutico ma buonissimo, lo lascia andare da solo per chilometri sotto ogni pericolo montano. E pure la sua amica panettiera, che dopo un'impresa da scalatori del K2 gli fa fare il percorso inverso all by himself. Ma tanto c'è Belle. Oh, e il dottore buonissimo che aiuta le famiglie ebree che fuggono dai crucchi, e le fa scappare attraverso i monti verso la civilissima Switzerland (che c'hanno pure il cioccolato buonissimo, anche se meno del Novi?)... quasi prendeva il podio ma viene scalzato dal nazista infoiato che sbava per la bella panettiera francese e che, divenuto buonissimo alla luce di chissà quale epifania (dato che lei mando gliela fa annusare), viaggia per chilometri alla velocità della luce per avvertirla che i suoi uomini stanno per sgamarla mentre lei gioca a fare la partigiana.
Dopo la cura
Ok, è un film tratto da un cartoon di 30 anni fa ed è per famiglie, ma è un'opera così raffazzonata nella logica degli eventi che insomma... io ricordo degli episodi del cartone animato più ricchi di pathos di questo pastrocchio. Comunque, in Italì, dove il buonismo è sempre buon veicolo di buoni incassi, il filmetto di Nicolas Vanier (peraltro tecnicamente girato bene e dai paesaggi mozzafiato) ha preso per due volte la vetta del botteghino e ha incassato, per adesso, sei milioni di euro.
[Sì, sì, lo so e lo ripeto che è per bambini: ma non è che ai bambini vada sempre propinata della stucchevole melassa! Persino i cartoni - giapponesi, eh - c'avevano spesso delle ambiguità formative]
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