I Fab Four... Tutti per uno, come il titolo che
all'epoca (correva il 1964) fu affibbiato in Italia alla
prima pellicola dei Beatles.
Beatles che, all'interno di A
Hard Day's Night, anarchico film del bravissimo regista Richard
Lester, non vengono mai chiamati Beatles.
Se c'è un grande merito da riconoscere
alla regia di Lester - che aveva
32 anni, una decina in più dei suoi protagonisti - è quella di
essere assolutamente in anticipo sui tempi, frenetica ma
sempre puntuale, precisa e anarchica, come il ritmo stesso della
pellicola.
In pratica, Lester ha inventato con
il cinema il linguaggio dei videoclip del futuro.
Vedere per credere: tutto quello che è venuto prima (e moltissimo di
ciò che seguirà) sembra paleolitico e ammuffito.
Grazie al montaggio
dell'abile John Frenzy Jympson, il regista si
sbizzarrisce in inquadrature sbilenche, dettagli in
primissimo piano, salti logici, giochi con il fuoco, immagini
che durano lo spazio di un battito di ciglia. Muore la noia e
nasce uno stile.
Il resto è storia: pellicola con trama esile, collage di gag, che
documenta e certifica la nascita della Beatlemania, che sfrutta
narrativamente una trasferta londinese per un concerto, dopo il primo
tour americano della band. A Hard Day's Night è anche un
film girato in piena libertà ma scritto benissimo (da Alun
Owen), con battute fulminanti e un uso dell'improvvisazione
eccellente. Senza contare il bianco e nero più che mai brillante
di Gilbert Taylor, che avrebbe poi lavorato con i più grandi
registi dell'epoca.
Snobbato dalla critica, fu un clamoroso
successo al botteghino (costo: mezzo milione di sterline, incasso:
dodici milioni) e conquisto due nomination agli Oscar, senza contare
l'acquisizione dello status di cult.
E
poi, beh, è un film dei Beatles.
I Fab Four sono perfettamente
a loro agio, anche se Paul si dimostra al solito il più smaliziato. Lennon gioca al ruolo dell'anticonformista
sognante e sopra le righe, George è il bravo ragazzo con
la testa tra le nuvole e Ringo... è Ringo, sorridente,
positivo, malinconico all'occorrenza. Bravissimo anche il cast di
supporto di veri attori, tra cui il terribile "nonno
di Paul" irlandese, irriverente, pronto a insultare i
poliziotti, seminare zizzania nel gruppo e frodare le fan dei loro
amici (Wilfrid Brambell).
Ma tantissime scene sono da antologia: oltre ad alcuni siparietti nonsense e surreali, da citare almeno la scena in cui George viene scambiato per un suo sosia e introdotto da un produttore senza scrupoli che vuole usarlo come testimonial per convincere i ragazzi a comprare delle camicie orrende. Quando il losco figuro cita una sua collaboratrice e beniamina, una che di lavoro fa la trendsetter (non vi suona già nelle orecchie fashion blogger?) George risponde: ma noi quella la prendiamo per i fondelli, è noiosa, è falsa. Stavo per commuovermi in sala: all'epoca gli idoli pop potevano permettersi - almeno sullo schermo - di criticare quello che i loro omologhi sono costretti a fare, cinquan'tanni dopo.
Infine, vedere i ragazzi di Liverpool giocare
a quattro cantoni sulle note di Can't buy me
love regala allo spettatore di oggi quella
consapevolezza dolceamara di un'innocenza ad un passo dal perdersi del tutto: era sul pianerottolo un successo incontrastabile che avrebbe cambiato ogni cosa.
consapevolezza dolceamara di un'innocenza ad un passo dal perdersi del tutto: era sul pianerottolo un successo incontrastabile che avrebbe cambiato ogni cosa.
Le canzoni del film: A Hard Day's Night, I Should Have Known
Better, If I Fell, I'm Happy Just to Dance with You, And I Love Her,
Tell Me Why, Can't Buy Me Love, I Wanna Be Your Man, Don't Bother Me,
All My Loving, Ringo's Theme (This Boy) e She Loves You.
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