In principio furono gli Oreo, quei bellissimi biscottini neri col ripieno di latte che da piccolo definivo "i Ringo negativi" (anche se i Ringo il nero già ce lo avevano).
Il 4 febbraio del 2013, durante il Superbowl, tirano fuori sui social (Twitter) in pochissimo tempo un'immagine che sfrutta il blackout avvenuto nello stadio di New Orleans:
Alè, case study bello e pronto per social media manager, esperti di (social) marketing e via dicendo. La velocità di una battuta tradotta in instant-spot con il linguaggio ironico e immediato della rete. Bel colpo.
Da allora di caratteri ne sono passati sugli schermi e adesso tutti sono più pronti all'azione. Persino a casa nostra. Basta un evento fuori dall'ordinario, come può essere un morso tra giocatori in una partita del Mondiale brasiliano, e tutti piombano come falchi. Tutti, o meglio, chi può sfruttare l'accaduto perché è un brand legato alla "masticazione".
Pronti via: ecco chi si occupa di hamburger, patatine, bistecche e merendine
Cosa si nota? Che c'è ben poca inventiva e tutti giocano sulla retorica del cibo, del gusto e del morso. Niente elaborazioni grafiche, semplice sfruttamento del fatto avvenuto.
Poi ci sono i brand che invece si occupano della salute dei denti (o le birre che si aprono con i denti)
Infine, come non citare i migliori esempi: quelli della tv, con Discovery Channel e AMC-Fox, che forte del comportamento da zombi (anche cerebrale) di Luis Suarez ha rilanciato il successone The Walking Dead
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