A
volte si fa presto a gridare al capolavoro.
In
Italia, poi, è ancora più facile, considerato il panorama desolante
delle serie tv.
Eppure
lanciarsi in lodi sperticate di Gomorra – La Serie è assolutamente
doveroso: 12 episodi senza cali di tensione, senza sbavature.
Compatti, emozionanti, sceneggiati e diretti magnificamente.
Il
prodotto di Stefano Sollima, supervisionato dallo stesso Roberto
Saviano, ha finalmente dimostrato (perchè, purtroppo, nel nostro
Paese c'è sempre bisogno di dimostrare) che si può e si deve
produrre fiction di altissima qualità senza ridursi a famiglie
buoniste, nonni rincoglioniti, preti simpaticoni e bellocci/e
inespressivi. Che il pubblico è pronto a premiare queste opere con ascolti altissimi. Che forse è sempre stato pronto, ma non gli è
mai stato proposto un prodotto all'altezza dei concorrenti
internazionali.
Adesso
non ci sono più alibi. Certo, Gomorra – La Serie è stato uno
sforzo titanico: quasi tre anni per pianificare, scrivere, trovare
gli attori e girare la prima serie. Tutto nel nome di un verismo che
è la vera formula magica del successo, dalla scelta di girare nei luoghi reali a quella di non romanzare troppo vicende e personaggi. Lo spettacolo c'è, eppure
è tutto molto credibile. Certo, Shakespeare è dietro l'angolo,
alcune soluzioni sono ovviamente tese a dare carisma ai protagonisti,
ma il fatto che lo spettatore si ritrovi immerso in un universo dove
tutti sono rappresentanti del male, senza vie di scampo o possibilità
di identificarsi in un modello positivo qualunque, è importante e
decisivo.
Tutti,
in Gomorra, sono ammorbati da egocentrismo, ambizione, violenza,
sopraffazione, rabbia, paranoia, assenza di scrupoli: nessun
personaggio principale ne esce con un briciolo di dignità e di
umanità. Persino chi, all'inizio, sembra essere il meno peggio si
rivela essere il più spietato. Questo rende il telefilm un
concentrato di tensione che cresce fino ad un finale orchestrato
benissimo.
Una
regia calibrata, una fotografia che cattura ed esalta ogni singolo
dettaglio, un cast di volti sconosciuti perfettamente credibile e
facce prese dalla strada di una bravura sorprendente. Tra queste
ultime, il giovanissimo Danielino, ovvero Vincenzo, protagonista dei
due episodi più emotivamente forti, che nella vita vera ha lasciato la scuola e poi è stato arrestato. Cose che alimentano polemiche,
forse, ma che in quei luoghi sono all'ordine del giorno e confermano,
se vogliamo, la necessità di mostrare certe aberrazioni che
quotidianamente accadono sotto il cielo di Napoli (e non solo).
Dalla
lotta per il potere agli agguati, dalle vendette alle estorsioni, dai
figli indegni dei genitori ai giovani che non sanno cos'è il
rispetto, dalle faide interne agli accordi trasversali per le
scissioni. Non manca niente, in questa prima stagione di Gomorra, che
si permette di terminare con un picco narrativo di una sparatoria
durante una recita scolastica, un evento che altrove sarebbe potuto
risultare esagerato ma che qui funziona perfettamente.
Adesso,
col clan dei Savastano decimato dalla direzione impulsiva e
inadeguata del figlio Gennaro (Genny!) - ferito gravemente ma non
ucciso dal traditore Ciro di Marzio - e il ritorno dal capo don
Pietro, sfuggito con un massacro al 41/bis, le cose si faranno ancora
più serie. Il boss rivale, Salvatore Conte, avrà di fronte un
avversario agonizzante ma non domo: e Ciro, che si è bruciato da
entrambe le parti, che fine farà? Attendere sarà sfiancante, ma
diamo piena fiducia al team di Gomorra per una seconda stagione
all'altezza delle aspettative.
Leggi anche (se ti va):
- Cosa ho scritto all'inizio della serie di Gomorra
- Cosa ho scritto all'inizio della serie di Gomorra
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