-->

Ti piace? Condividilo!

mercoledì 9 luglio 2014

I Pirati di Silicon Valley, quindici anni dopo

Prima di The Social Network, c'era I Pirati di Silicon Valley.
Prima di Facebook, cioè, si è parlato di come sono nate le macchine sulle quali lo utilizziamo.

O meglio, delle due persone che hanno reso possibile la rivoluzione che ha portato un pc in ogni casa e sistemi operativi intuitivi (e poi laptop, netbook, smartphone, tablet...): Steve Jobs e Bill Gates.

Jobs, passato a miglior vita, è di certo un personaggio più narrativamente attraente. Genio sregolato, ex-hippie e fruttariano, grande oratore e carismatico, umorale e maleducato. Gates, da sempre più schivo e riservato, ha comunque una personalità non trascurabile (e un caratterino niente male).

I Pirati di Silicon Valley è un film-tv del giornalista e regista Martyn Burke datato 1999 che, con tutti i limiti da film-tv, affronta di petto senza timori una storia molto recente e controversa. La storia della “conquista” del mondo dei personal computer da parte di due giovani rampanti, tra gli anni '70 e gli '80 del Novecento.

Un film strutturato molto bene, anche se non girato benissimo, sia per ritmo che per scelte narrative. Tra dissolvenze invadenti e spunti ottimi lasciati cadere nel vuoto, c'è però un coraggio quasi incosciente nel tratteggiare un anti-ritratto di due delle icone degli ultimi quarant'anni e numi tutelari del “pc su ogni scrivania”, Steve Jobs e Bill Gates.

Con le dovute licenze da romanzo e gli ovvi limiti della semplificazione, c'è però una buona resa della personalità complessa e scorbutica di Jobs, ossessionato dall'idea di essere l'artista che dipinge il futuro dei computer, e l'antipatico pragmatismo di Gates.

Due giovani molto simili in molte cose: il talento, informatico (Gates) e visionario (Jobs), l'assenza di scrupoli, la volontà di abbattere il sistema dominato da giganti preistorici che non guarda in faccia niente e nessuno, tanto meno l'etica e l'onestà. Alle capacità personali si sommano infatti la bugia, l'arrivismo e il furto delle idee altrui.

Il film, tratto dal libro "Fire in the Valley" di Paul Freiberger e Michael Swaine, è spesso rozzo e schematico ma efficace: restituisce la figura di due personaggi speculari, opposti e complementari. Sommando fatti documentati a leggende metropolitane (non, però, così distanti dalla realtà) ricostruisce in modo efficace un periodo cruciale della nostra storia moderna.

Nessuno esce bene da questa pellicola. Jobs e Gates hanno sì rivoluzionato per sempre la nostra vita, il mondo della tecnologia, del marketing e dell'impresa, ma sono anche persone che hanno piegato il mondo e le persone ai propri scopi, rubando idee e tentando di distruggersi a vicenda. Niente di cui scandalizzarsi, sia chiaro: la base del progresso è spazzare via chi non “vede” il futuro e l'utilità degli strumenti che ha sotto il naso (e magari inventato). Vince chi sa cambiare, osare, prendere dei rischi, anche a spese altrui.

Aneddoti spettacolari e veri: il dirigente della HP che dice a Steve Wozniak, socio di Jobs (rifiutando il progetto del Mac-1): “Ma cosa se ne fa la gente di un pc a casa?” e la storica riunione di Gates con il colosso IBM, dove costruì la sua fortuna vendendo un sistema operativo che ancora non aveva (il DOS, acquistato dalla sua Microsoft a due spicci da un altro produttore) e mantenendone la proprietà, concedendolo in licenza.
Persino la IBM pensava che i soldi arrivassero solo dai pc, e non dal software... un po' come quando Lucas gettò le basi del suo impero andando oltre il cinema e assicurandosi i proventi del marchandising alla faccia della 20th Century Fox.

Certo, ai Pirati della Silicon Valley adesso servirebbe un sequel su cosa è successo (ed è successo moltissimo!) dopo il 1999. Anche se in realtà il film si ferma dopo il 1985, e riassume il resto in 3 didascalie negli ultimi 30 secondi...

Due parole sugli interpreti: Noah Wyle è un ottimo Steve Jobs, lodato persino dal papà di Apple che pure odiò il film. Jobs chiamò addirittura Wyle a introdurre, vestito come lui, la conferenza del MacWorld 1999.


Anthony Michael Hall è un odioso Bill Gates, ingobbito e introverso, anche lui molto bravo. Due prove di attori che sostengono e danno un valore maggiore a questa opera.


Puoi leggere anche:
- Halt and catch fire, la serie tv sullo sviluppo dei pc negli anni '80
- La prima stagione di House of Cards
- Il social marketing applicato al Mondiale

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.

Google
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...