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venerdì 25 luglio 2014

Google si "dimentica" 160 mila link: primi effetti del diritto all'oblio

Oltre 160 mila link de-indicizzati.
Ecco i primi risultati del diritto all'oblio stabilito dalla Corte Europea, almeno per quanto riguarda il motore di ricerca numero uno al mondo, Google.
Andate a rileggere qui di cosa si parla (realmente) quando di parla di oblio... il Wall Street Journal riporta che Google ha già fornito dei dati in via ufficiosa alla UE dichiarando di aver "rimosso" migliaia di link dai suoi risultati, accogliendo circa metà delle richieste avanzate dai vari utenti (per un totale di oltre 300 mila). Dunque Mountain View ha preso sul serio la questione, e la mole di lavoro che ne deriva, rispondendo ad oltre 91.000 persone che ritenevano di essere oggetto di informazioni "incomplete e scorrette", dando il via libera in almeno la metà dei casi alla rimozione dell'indicizzazione dei link incriminati.

Questo apre un sacco di interrogativi: sarà uno strumento che alcuni utilizzeranno per far rimuovere (o meglio, far nascondere) informazioni indesiderate su se stessi, negando magari un sacrosanto diritto all'informazione? La verifica della legittimità delle richieste e i criteri secondo i quali queste saranno messe in atto sarà davvero oggettiva e uguale per tutti? 

Di sicuro, al momento, faremmo meglio a tenere tutti gli occhi puntati su Google, che si ritrova - stavolta suo malgrado - a fare da testa di ponte per una rivoluzione tutta europea che presto potrebbe arrivare in altri continenti. 

In chiusura, vediamo i dati che riguardano i vari Paesi: al 18 luglio 2014 guida la "classifica" dei cittadini pro-oblio la Francia, con 17.500 richieste di rimozione, seguita dalla Germania con 16.500, dall'Inghilterra con 12.000, dalla Spagna (8.000) e infine dall'Italia (7.500). Al momento, sembriamo i meno interessati a questo strano modello di protezione della privacy.

sabato 12 luglio 2014

Tutto ciò che cerchi su Google potrà essere usato contro di te

E se Google avesse un grande archivio dove conserva ogni singola ricerca che abbiamo effettuato?
Se, a richiesta, Big G acconsentisse tranquillamente a fornire tutte le parole che avete inserito nel motore di ricerca e il contenuto delle vostre mail ad autorità che vorrebbero “preventivamente” evitare qualche potenziale illecito, vi sentireste tranquilli?

Questa realtà (perché di realtà si tratta) e molto altro materiale inquietante è il punto di partenza di Terms and Conditions may apply, un documentario del regista americano Cullen Hoback
Il film ci mostra cosa accade ogni volta che schiacciamo a cuor leggero il fatidico pulsante “Accetta” senza dare troppa importanza al fiume di testo che precede la creazione di profili, l'utilizzo di app, la registrazione a servizi e via dicendo.

La privacy è morta?
Fortunatamente il doc non utilizza toni apocalittici (uno dei principali difetti di molte opere cinematografiche “di denuncia”) e Hoback tende a usare un registro leggero e paradossale, sebbene i suoi intervistati siano abbastanza sicuri quando affermano che il progresso ha reso totalmente trasparente la nostra sfera privata grazie ad internet. E spesso, con il nostro consenso e contributo.
Il caso più eclatante sono i social network, una vera e propria benedizione per gli spioni di professione. 
E' incredibile quanto la gente, adesso, sembri fare a gara per fornire più informazioni possibili sulla propria vita e su cosa faccia ogni singolo minuto della giornata”, dice qualcuno a un certo punto, e tu inizi quasi automaticamente a ripercorrere con la mente i tuoi status e i tuoi post

In pratica, ci stiamo consegnando ad un Grande Fratello che sta imparando a fare a meno delle telecamere (ma non preoccupatevi, si stanno moltiplicando anche quelle). Un Big Brother che vuol farti vivere libero ma monitorato, auto-denunciando ogni tuo gusto, spostamento, cambiamento di vita.
Libertà dai confini sempre più ristretti, che può vedere le forze dell'ordine compiere aberrazioni – come arresti “cautelativi” di pacifici dimostranti o artisti di strada nei giorni di eventi ad altro rischio – o vendette occulte, vedi la vicenda dell'ex capo della CIA David Petraeus, incastrato dalle “intercettazioni” su Gmail delle conversazioni tra lui e l'amante. Mail che erano salvate in bozza, quindi neppure spedite.

C'è di che sentirsi un po' paranoici, se nell'Unione Europea non fossimo in effetti un po' più tutelati rispetto ai democratici USA, e di recente abbiamo pure (faticosamente) acquisito quel diritto all'oblio invocato per tanto tempo (un discorso a parte e da subito dibattutissimo).
Ma se chiedi a Google di fornirti uno stampato di tutte le tue attività online, beh, ci metterà un po' e te lo farà avere. Incluse le ricerche imbarazzanti su gattini rosa e abitudini sessuali delle Sule dai piedi azzurri delle Galapagos (per citare i casi migliori). 
Basterà qualche freno legale a garantire il rispetto totale della privacy degli utenti?
Le aziende rinunceranno mai alla compravendita dei dati personali, che sembra essere la nuova miniera d'oro del commercio?
E siamo sicuri che nessuno registri e conservi ugualmente ogni nostra mossa sul web?

Il film, visti i tempi di lavorazione, termina prima del caso Snowden, aggiunto all'ultimo tuffo sui titoli di coda. Ma c'è di che meditare...
Google
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