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martedì 5 agosto 2014

Diritto all'oblio, anche Wikipedia sparisce da Google

Anche Wikipedia deve piegarsi al diritto all'oblio: una delle sue pagine (non è stato specificato quale, però) sta per "sparire" dai risultati delle ricerche di Google
A confermarlo è lo stesso Jimmy Wales, fondatore dell'enciclopedia web: un caso che costituisce un precedente unico.

Le riflessioni e le polemiche non si fanno attendere, mentre, inesorabili, vanno avanti grazie alla sentenza della Corte Europea le rimozioni delle indicizzazioni dai motori di ricerca delle pagine considerate "inadeguate, irrilevanti, eccessive" dietro richiesta dei diretti interessati. 

Anche se è soltanto un giocare a nascondino e non una vera e propria eliminazione dal web, la domanda è sempre la stessa: è giusto far sparire il proprio passato, soprattutto se si va a toccare il diritto ad essere informati delle altre persone? 

Wikipedia, nella persona di Wales, sarà presente al grande meeting di Google previsto a settembre sul tema del diritto all'oblio e alle strategie per affrontarlo nella maniera migliore. Certo è che il concetto espresso finora dall'organo di Giustizia dell'Europa necessita una revisione, sia a livello di principio che di applicabilità.
 Finora infatti ci si limita a dare potere ai soggetti privati, che in modo arbitrario possono chiedere la rimozione di contenuti dai motori di ricerca, andando a intaccare i diritti di accesso alle informazioni della collettività. 

Pensiamo a quest'ultimo preciso caso: negare l'accesso ad una voce dell'enciclopedia più letta del web attraverso il motore di ricerca più utilizzato di internet è di fatto come strappare una pagina fisica da un libro della biblioteca più grande del mondo e nasconderla altrove. Ha senso?  

venerdì 18 luglio 2014

Il diritto all'oblio? È l'unica cosa che (davvero) non esiste

Qualche giorno fa scrivevo a proposito del diritto all'oblio, stabilito da una sentenza della Corte Europea. In pratica, ogni cittadino ha il diritto di richiedere ai motori di ricerca - Google, Bing & co. - che nei risultati vengano rimossi contenuti che lo riguardano direttamente e che siano ritenuti «inadeguati, irrilevanti o non più pertinenti, o eccessivi».

Google ha iniziato in grande stile a meditare sul da farsi costituendo un consiglio di saggi e chiedendo alla Rete il suo parere (qui).
Bing ha il suo bel modulino online di richiesta per bloccare i risultati "ai sensi di legge" (qui).

Non potrai mai sparaflashare e cancellare la memoria!
Morale della favola? Se di te parlano male, o in un modo che non ti piace, puoi (in teoria) far sparire il risultato.
Nel concreto? Si rimuove il risultato della ricerca, quindi si ottiene una de-indicizzazione del link, non certo l'eliminazione del contenuto stesso (che andrebbe richiesto a chi lo ha pubblicato, e qui i mezzi iniziano a venire meno).

Come si dice dalle nostre parti, fatta la legge, trovato l'inganno. Come a ribadire che tentare di cancellare o nascondere una notizia su internet equivale al "come può uno scoglio arginare il mare" di Battisti-Mogol, ecco che già esiste Hidden from Google. Un sito, promosso da un programmatore americano con il crowdsourcing, che elenca tutti link "vittime" del diritto all'oblio.

Inoltre, trovare ciò che viene de-indicizzato è altrettanto semplice: basta utilizzare motori di ricerca in altri Paesi per vedere, magicamente, quello che è "oscurato" in Europa. Che razza di oblio a intermittenza è questo? 

sabato 12 luglio 2014

Tutto ciò che cerchi su Google potrà essere usato contro di te

E se Google avesse un grande archivio dove conserva ogni singola ricerca che abbiamo effettuato?
Se, a richiesta, Big G acconsentisse tranquillamente a fornire tutte le parole che avete inserito nel motore di ricerca e il contenuto delle vostre mail ad autorità che vorrebbero “preventivamente” evitare qualche potenziale illecito, vi sentireste tranquilli?

Questa realtà (perché di realtà si tratta) e molto altro materiale inquietante è il punto di partenza di Terms and Conditions may apply, un documentario del regista americano Cullen Hoback
Il film ci mostra cosa accade ogni volta che schiacciamo a cuor leggero il fatidico pulsante “Accetta” senza dare troppa importanza al fiume di testo che precede la creazione di profili, l'utilizzo di app, la registrazione a servizi e via dicendo.

La privacy è morta?
Fortunatamente il doc non utilizza toni apocalittici (uno dei principali difetti di molte opere cinematografiche “di denuncia”) e Hoback tende a usare un registro leggero e paradossale, sebbene i suoi intervistati siano abbastanza sicuri quando affermano che il progresso ha reso totalmente trasparente la nostra sfera privata grazie ad internet. E spesso, con il nostro consenso e contributo.
Il caso più eclatante sono i social network, una vera e propria benedizione per gli spioni di professione. 
E' incredibile quanto la gente, adesso, sembri fare a gara per fornire più informazioni possibili sulla propria vita e su cosa faccia ogni singolo minuto della giornata”, dice qualcuno a un certo punto, e tu inizi quasi automaticamente a ripercorrere con la mente i tuoi status e i tuoi post

In pratica, ci stiamo consegnando ad un Grande Fratello che sta imparando a fare a meno delle telecamere (ma non preoccupatevi, si stanno moltiplicando anche quelle). Un Big Brother che vuol farti vivere libero ma monitorato, auto-denunciando ogni tuo gusto, spostamento, cambiamento di vita.
Libertà dai confini sempre più ristretti, che può vedere le forze dell'ordine compiere aberrazioni – come arresti “cautelativi” di pacifici dimostranti o artisti di strada nei giorni di eventi ad altro rischio – o vendette occulte, vedi la vicenda dell'ex capo della CIA David Petraeus, incastrato dalle “intercettazioni” su Gmail delle conversazioni tra lui e l'amante. Mail che erano salvate in bozza, quindi neppure spedite.

C'è di che sentirsi un po' paranoici, se nell'Unione Europea non fossimo in effetti un po' più tutelati rispetto ai democratici USA, e di recente abbiamo pure (faticosamente) acquisito quel diritto all'oblio invocato per tanto tempo (un discorso a parte e da subito dibattutissimo).
Ma se chiedi a Google di fornirti uno stampato di tutte le tue attività online, beh, ci metterà un po' e te lo farà avere. Incluse le ricerche imbarazzanti su gattini rosa e abitudini sessuali delle Sule dai piedi azzurri delle Galapagos (per citare i casi migliori). 
Basterà qualche freno legale a garantire il rispetto totale della privacy degli utenti?
Le aziende rinunceranno mai alla compravendita dei dati personali, che sembra essere la nuova miniera d'oro del commercio?
E siamo sicuri che nessuno registri e conservi ugualmente ogni nostra mossa sul web?

Il film, visti i tempi di lavorazione, termina prima del caso Snowden, aggiunto all'ultimo tuffo sui titoli di coda. Ma c'è di che meditare...
Google
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