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martedì 26 agosto 2014

La vita (non) è tutta un SELFIE, neppure in tv!

Quando il cinema e la tv si occupano delle “nuove tendenze”, in particolare di tecnologia, spesso queste vengono approcciate in maniera goffa e poco rispettosa della loro natura.

Figuriamoci quindi cosa può succedere con una serie che si intitola Selfie... sì, avete letto bene, proprio come quelli che vi fate in continuazione. Una serie tv che, dunque, dovrebbe parlare di social media, o almeno affrontarli come motore delle vicende.

Prima di farvi venire l'orticaria – se non sopportate i selfie – rilassatevi: il telefilm, in onda sul canale americano ABC, non tratta di dodicenni o superstar con tendenze megalomani, ma di una sciacquetta di effimero successo online che deve riprendersi da un epic fail...

La cosa migliore di questo pilot (cioè primo episodio) sono i due protagonisti, Karen Gillan (la “storica” Amy Pond di Doctor Who) e John Cho (il Sulu del nuovo Star Trek al cinema).

Lei, Eliza, è una ex-bruttina della scuola adesso trendsetter e maniaca dei social, mentre lui, Henry, un esperto di marketing che odia la falsità dei rapporti online, ipercritico e metodico. Entrambi gli attori sono molto bravi e in parte, e salvano il prodotto dal naufragio alla prima sortita.

Non pensate, però, di trovarvi di fronte ad un prodotto che parla di internet e di web marketing: come i nomi dei due personaggi suggeriscono, siamo dalle parti di una sorta di remake moderno di My Fair Lady. Lei non è autentica e deve ricostruirsi un'immagine, lui è un riservato esperto in materia: uno scontro tra opposti che finiranno per attrarsi, con il mondo dei social a fare da teatro, invece di quello dell'alta società.

Il difetto di questo primo “assaggio” sta nell'indecisione del prodotto nel coniugare l'anima “al passo con i tempi” all'impianto vecchio stile: alla fine l'utilizzo dei social viene affrontato come la solita “diavoleria moderna” che ostacola la vita reale e non rappresenta una fonte di rapporti utili e veri. Non si contano le battute piuttosto banali in materia (tipo lo scambio “La tua mancanza di rapporti sociali ti rende così bravo a lavoro?” “Mi sembra facile non creare connessioni in una città che apprezza solo la connessione wi-fi”) così come le scene in cui gli amici virtuali non rispondono ai messaggi – anzi, non sono empatici! - e non interagiscono quando Eliza si sente giù.

Andiamo, se fosse una vera instagramer/tweetstar per lei sarebbe semplicissimo ricevere feedback positivi anche per il suo stato d'animo contrariato (magari con un selfie without makeup?). Ok, magari non le porterebbero il ginger ale a casa come lei vorrebbe, ma questa cosa del tanti amici online-nessun amico vero è un po' stiracchiata.

Se c'è qualcosa che puoi imparare da questo primo episodio di Selfie, è avere la netta sensazione che i vezzi di scrittura più grossolani siano proprio lo specchio della percezione che hanno “di noi” le molt(issim)e persone non social-pratiche (o non social-enthusiast).

Considerato però che il pubblico di riferimento è quello giovane e smaliziato, come si risolverà questa ambiguità della serie tv?

Beh, io intanto continuo a vederla.

Vuoi leggere ancora qualcosa? Prova...
- Come utilizzare meglio i social (e non deprimerti)
- Prima di pensare al successo... migliora te stesso!

giovedì 7 agosto 2014

I sette peccati (o vizi?) capitali dei social media: salviamoci!

C'è grossa crisi, come diceva Guzzanti: la nostra anima social è minacciata in ogni momento da comportamenti pericolosi che possono farci perdere la retta via e indurci in tentazione, rovinando la nostra esperienza online (e anche la vita offline!).

In un post molto divertente, Bill Nolan ha lanciato uno spunto che ho deciso di ampliare e fare mio: nel mondo social, più che mai, quelli che definiamo peccati andrebbero chiamati correttamente vizi capitali (nell'interpretazione cristiana il vizio è già un peccato!). Sono vizi che possono essere affrontati, corretti e annullati.
Bando alle ciance e via alla carrellata!


Una mia umile rilettura di un capolavoro pittorico di Hieronymus Bosch.





SUPERBIA
"Sono il migliore!". Capita: in fondo, la presenza sulla vetrina dei social, al netto delle esigenze professionali, è dettata anche da un po' di vanità e di orgoglio. La cosa diventa un po' limitante quando uno pensa di essere speciale e in grado di dire cose uniche, interessanti e perfette. E soprattutto degne dell'attenzione e dell'apprezzamento degli altri, così, senza neppure sudare. Ecco, magari si esagera un pochettino con la sicurezza nei propri mezzi. 

INVIDIA
No, non si parla del sentimento che sale vedendo le foto delle ferie altrui (e alcuni sembrano essere perennemente in ferie!). Entriamo nel campo dei risultati dei propri post/status/tweet/foto. Un deserto, con qualche sparuto 'mi piace', pochi +1, non parliamo poi dei retweet. Guardi chi fa più o meno le tue stesse cose, noti le sue decine di feedback e condivisioni, ed entri nella spirale del: perchè lui sì e io no? Sono uguale se non meglio! Consigliati, in questo caso, calmanti e sonniferi.

GOLA
Come un bambino che ha scoperto dove la mamma nasconde i dolci, ti sei tuffato su tutti i social: Facebook è la Nutella, Twitter la marmellata, Instagram i Pan di stelle, Google+ le Gocciole (magari extra dark), Pinterest i Chupa Chups, LinkedIn... uhm, la liquerizia. Ok, dopo tutta questa abbuffata, sei sicuro di riuscire ad avere una presenza decente, aggiornamenti costanti, abbastanza cose da dire e le capacità di affrontare ogni singolo social secondo le sue caratteristiche peculiari? A strafogarsi si ottiene solo un gran mal di pancia.

LUSSURIA
Desideri dunque avere seguito, ovunque, in ogni modo. I risultati (vedi sopra) latitano. Allora fai di tutto, aggiungi-followi-implori chiunque a casaccio, compri mi piace/fan, ti lanci in operazioni che non hanno nulla a che fare con l'engagement spontaneo. Risultato: ti ritrovi con una moltitudine di seguaci falsi (e facili da individuare per chiunque) e nessuna interazione, il che farà scattare il campanello d'allarme a quei pochi sfortunati che capiteranno davvero per caso sui tuoi profili/pagine.

AVARIZIA
Sei bravissimo e tu lo sai. Sei forte, sei un esperto, sei un tipo di successo. Quindi perché dovresti condividere le tue strategie, i tuoi segreti e i tuoi trucchi con gli altri? Sia mai! La gente generosa è sciocca e poco accorta. I social si utilizzano per mettere in mostra se stessi e il proprio business, farsi selfie celebrative e postare gattini.
Perfetto, hai centrato in pieno il punto.

ACCIDIA
Vizio pericolosissimo e subdolo: si sta online e si perde tempo senza neppure rendersene conto. Certo, l'accidia è propria di chi si rema contro, dedicando le proprie energie ad altro che non sia l'aggiornamento personale, la cultura professionale, la content curation, la lettura di articoli interessanti degli altri utenti, la creazione di una strategia sensata per la propria presenza online. Tradotto: giochi contro te stesso? Ok, ma poi non lamentarti.

IRA
La summa di tutti i peccati/vizi precedenti, lo stadio finale dalla frustrazione che deriva dalla concezione e dall'uso sbagliato dei social media. Una rabbia cieca verso tutti e tutti, un odio sordo verso coloro che hanno il difetto di fare le cose per bene, essere precisi, onesti e generosi verso i propri amici-utenti-follower.

Salva te stesso! Cura la tua anima social!
Fuggi da questi vizi capitali!
La tua vita (online e offline) sarà molto più bella, ricca, felice e soddisfacente.

Ti va di leggere ancora qualcosa? Prova:
- Post perfetto, esiste una formula?

- Il segreto del successo? Tanta calma (e come si fa?)
- Il web, il progresso e i cadaveri della middle-class
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