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sabato 26 luglio 2014

The Lottery: vinci un bambino nell'era infertile [#otptv]

I bambini non nascono più. La specie umana è a rischio estinzione.

Sto parlando di I figli degli uomini, il bel film del 2006 di Alfonso Cuaron? No, di The Lottery, serie tv appena iniziata del canale americano Lifetime, che ne mutua in pratica le premesse iniziali.

Una distopia, dunque, creata per il piccolo schermo da Timothy J. Sextonuno degli adattatori del romanzo originale della scrittrice P.D. James alla base del film. Come dire... di una buona idea non si butta via niente, anzi, si ricicla.

Il tema è interessante: se davvero il genere umano non potesse più riprodursi e non si trovassero delle spiegazioni, che cosa avverrebbe? 
A differenza di I figli degli uomini, dove il problema era già considerato irrisolvibile e la missione del protagonista aveva un sapore messianico, in questa serie tv scienza e politica, si capisce fin da subito, la faranno da padrone.

Niente per cui gridare al miracolo, intendiamoci: come ogni pilot l'episodio è schiacciato dall'esigenza di presentare tutti i personaggi e dare un'infarinatura del contesto sociale. A pochi anni da adesso, dopo la catastrofe che ha sconvolto il mondo, la dottoressa Alison Lennon riesce a fecondare 100 ovuli. Come ringraziamento, la Casa Bianca la licenzia e si appropria del laboratorio, ma lei, ovviamente, tenterà di agire per conto suo.

Nel frattempo, Kyle Walker, padre single di uno degli ultimi bambini nati sul pianeta, è costretto a rapire il suo prezioso figlio dalle grinfie del Governo che glielo vuole portare via... ah, il piccoletto si chiama Elvis.

Ci sono poi il Presidente degli Stati Uniti, che si affretta a dichiarare una lotteria rivolta alle donne americane per definire a chi saranno impiantati gli ovuli fecondati, la sua consigliera Vanessa Keller e un losco figuro politicante che, capiamo subito, è il primo dei "cattivi" che vedremo agire nell'ombra.

Un primo episodio abbastanza standard, per una serie che potrebbe giovare della necessità di dire qualcosa di originale nello spazio delle 10 puntate previste.
Le idee non sono male, e la fantascienza sociale è pur sempre affascinante: resta da capire dove vuole andare a parare questa opera. Speriamo che sappia evitare le secche del banale thriller sentimentale e metta altra carne al fuoco.

mercoledì 2 luglio 2014

The Leftovers, recensione del pilot

C'erano una volta i telefilm misteriosi. Poi arrivò Lost e tutto cambiò.
Per qualche anno ci eravamo convinti che l'accumulo di cliffhanger narrativi, domande senza risposta, paradossi temporali e avvenimenti assurdi potessero reggere un'intera serie tv. E invece, arrivati a tirare le somme, tutto è crollato svelando il piano diabolico: buttare là stranezze e poi navigare a vista.

Il problema del genere mystery-drama è sempre quello: puoi anche avere una bella idea iniziale, ma se non sai bene come giustificarla o spiegarla quando arriverai all'atto finale, è meglio che inizi da subito a spremerti le meningi.

Ora, non so come gli autori hanno intenzione (se ce l'hanno, cosa non secondaria) di spiegare la sparizione del 2% della popolazione mondiale da un momento all'altro, ma è meglio che comincino ad attrezzarsi nella maniera migliore, se vogliono tenere saldo il timone di questa nave che si chiama The Leftovers.

Fattore inquietante: uno degli ideatori e showrunner è il famigerato Damon Lindelof, uno del team Lost (non proprio una garanzia) e sceneggiatore del mio odiato Prometheus. Fattore mitigante: l'altro è Tom Perrotta, l'uomo che ha scritto il libro da cui la serie è tratta. Libro = storia compiuta e di sicuro strutturata in modo decente.

I 10 episodi di The Leftovers, come suggerisce il titolo, andranno a scandagliare le vite tormentate dei “lasciati indietro”, coloro che sono rimasti, nella piccola comunità di Mapleton. Ognuno, in qualche modo, ha perso qualcuno importante, si batte per la verità o semplicemente per sostenere il dibattito tra religione (subito, inevitabilmente, scomodata per questa possibile “assunzione in cielo”) e la scienza.

Peter Berg alla regia del pilot è una garanzia (Cose molto cattive, Hancock, Lone Survivor) ed in effetti regala le cose migliori dell'episodio. La sceneggiatura fa il suo dovere, presentando l'evento sconvolgente all'inizio e poi solleticando la nostra curiosità con flashback che riguardano i personaggi principali. Non ci sono sussulti particolati, se non in un paio di casi, e si cerca piuttosto di puntare sull'intensità delle interpretazioni attoriali, da un azzeccato Justin Theroux ad una catatonica (ma capiremo perchè) Liv Tyler. Ci aspettiamo grandi cose da Christopher Eccleston, che qui compare pochi secondi.

Chi sono davvero gli inquietanti e silenziosi Guilty Remnants? Il “santone” Wayne sarà un visionario o un cialtrone che ha fondato l'ennesima setta? E gli animali, come al solito, saranno i portatori di risposte?

Tutto sta nel vedere se la serie si svilupperà con il risaputo schema dei “misteri su misteri” tanto caro ai creatori di Lost, che lo hanno portato al punto di non ritorno, oppure se saprà dire qualcosa di originale anche a livello di struttura e non soltanto di semplici colpi di scena.

Così com'è, questo pilot è un oggetto inclassificabile e anche oscuro su quella che sarà la futura direzione dell'opera. Staremo a vedere.


Intanto, possiamo godercelo in lingua originale con sottotitoli il 3 luglio e il 10 luglio in versione doppiata su Sky Atlantic.

venerdì 6 giugno 2014

Game of Thrones - S4E08 a fumetti :-)

The Mountain and the Viper... eh. Eh. (Tristezza).
L'attesa era tutta per il big match, tanto che il mio primo commento è stato:

Invece non è vero. Succedono cose ed è meglio che ce ne freghi. Tipo un personaggio che finalmente si rivela meno ebete di quanto è stato finora:

Poi. Beh, poi c'è - finalmente - LA ROTTURA. Dopo un tormentato rapporto a senso unico, Jorah viene scaricato (senza che manco fosse mai stato caricato, o si fosse scaricato in altri sensi che non fossero artigianali). E quindi un nuovo sfigato deve emergere, e tocca al povero Verme Grigio.

Dopodichè ci catapultiamo al Nord, dove Ramsay il bastardo (non di nascita, di qualità!) conquista senza sforzo (facendo il bastardo spergiuro) la fortezza di Moat Cailin e impressiona suo papà. Scatta il pensierino:
Ed ecco la parte più interessante (non ho detto più eccitante, eh!) dell'episodio, il criptico-allegorico dialogo tra Tyrion - in procinto di conoscere il suo destino by combat - e il fratello Jaime... sugli scarafaggi schiacciati:

Giunse quindi il momento tanto atteso, lo scontro al vertice tra il rancoroso Oberyn Martell e l'assassino di sua sorella Elia, ovvero Gregor Clegane aka La Montagna: con il più classico degli espedienti sadici, ciccio Martin ci fa battere il cuore motivando abbestia il principe di Dorne, portandolo ad un passo dal trionfo, per poi farlo soccombere a causa del suo orgoglioso proposito di avere una confessione plateale. Attraverso un inevitabile, ovvio monologo al pubblico (di King's Landing e di casa) che tradizionalmente porta sempre sfiga:

Siamo arrivati all'epilogo dell'ottavo episodio! Sangue, orrore, tensione: il destino di Tyrion è segnato? Rimangono due palpitanti episodi, nel frattempo se vi è piaciuto 'sto post condividetelo all around the world e scambiamo due chiacchiere su Twitter!
Alla prossima settimana...

Nelle puntate precedenti...

domenica 25 maggio 2014

Game of Thrones - S4E07 a fumetti... (NSFW!)

Dopo un'intensa settimana di passione che mi ha tenuto lontano dal blog, ecco, per la gioia di chi soffre questa pausa che la nostra serie tv preferita si prende sul più bello, Game of Thrones episodio sette nelle mie vignette.
Puntata dove si parla molto ma in modo sostanzioso: intanto Tyrion riceve i NO dei suoi due possibili campioni (Jaime era un'ipotesi molto remota) e infine la proposta inaspettata di Oberyn...

Ma perchè? Semplice, l'avversario è La Montagna, aka Gregor Clegane, colui che ha stuprato e ucciso la sorella della Vipera Rossa di Dorne. Un tipo tranquillo e piccolino:



Nel frattempo, il fratello della Montagna, cioè il Mastino, cioè Sandor Clegane, continua ad andare in giro con Arya che ammazza a sangue freddo un idiota. Sequenze di collegamento e approfondimento di cui non abbiamo diapositiva, ma solo perchè nella scena seguente c'è una strepitosa Melisandre in un dialogo assolutamente ridicolo con la moglie di Stannis (di cui nessuno ricorda il nome, credo), ma non importa (ecco il perchè del NSFW):



Nel frattempo, a Mereen, tutto diventa peggio di una soap triste e deprimente:



Ultimo sussulto con un Petyr Baelish in formissima e una Sansa che non capisce niente, as usual. Chiusura oltremodo d'effetto:
Appuntamento alla settimana prossima, gente!
Come sempre, se volete, condividete con il mondo attraverso i tasti sotto, e poi insultatemi su Twitter.
Ciao!

E se vi piace...
Game of Thrones - S4E06 a fumetti
Game of Thrones - S4E05 a fumetti

giovedì 15 maggio 2014

Game of Thrones - S4E06 a fumetti :-)

Puntata abbastanza statica e poco interessante di Game of Thrones, se non fosse glorificata dall'attesissimo processo al nano (non buttatela in politica!). Si comincia con questioni economiche in quel di Braavos. In realtà, è più lo show di due mendicanti davanti al direttore di banca...

C'è poi il consiglio comunale di Approdo del Re, che è praticamente la solita accozzaglia di gente che ciancia su tutto quello che sappiamo già, ma facendo nel frattempo un po' di gossip senza pretese.  

La sorellina di Theon (ormai Reek a tutti gli effetti) tenta il salvataggio del fratello, ma si scontra con la dura resistenza senza maglietta di Ramsay e di un paio di mastini prestati dal signor Burns.

In chiusura, il processo farsa più atteso del secolo, dove le prove sono le chiacchiere di gente che vuole Tyrion morto. La gente ci prova gusto a fissargli un appuntamento col boia, ma lui se la cava egregiamente.

Di Daenerys non ne voglio parlare perchè.... perchè mi sono addormentato mentre la gente la implorava per 10 minuti... ah, si è visto un drago per più di 5 secondi, volava e sputava fuoco, poi tutto è diventato nero.
Alla prossima! Condividete e prosperate! Attendo i vostri commenti (anche su Twitter a @lucarinigiac)

E se vi piace...
Game of Thrones - S4E05 a fumetti


domenica 11 maggio 2014

Perchè dovrei guardare la serie tv di Gomorra?

Gomorra – La serie è (finalmente) un prodotto italiano di qualità.
Niente di cui stupirsi, arriva dal team che ha portato in tv (su Sky, naturalmente) Romanzo Criminale, a sua volta l'unica fiction di qualità rilevante nel panorama desolato e desolante della televisione italiana (pubblica e privata, ma soprattutto pubblica).
Come non c'è da stupirsi che entrambi questi franchise siano parte della catena libro-cinema-tv, un trinomio vincente che sembra accadere una volta ogni tre-quattro anni (se va bene).
Perchè vederla?
Per rendersi conto, prima di tutto, che con le persone giuste e un po' di coraggio si può rivaleggiare con i prodotti internazionali. Scrittura asciutta e precisa, ritmo serrato, psicologie azzeccate, un pizzico di stereotipi per rendere la narrazione comprensibile e potabile per tutti, e il risultato è raggiunto.
Che poi si parli di criminalità, e si rendano inevitabili protagonisti personaggi dalla morale quantomeno ambigua, è un valore aggiunto. 
I soliti figuri italioti che si sono dimostrati pronti a scandalizzarsi per la 'spettacolarizzazione' della criminalità dovrebbero rivolgere i loro due grammi di cervello su due punti: 1. la fiction è fiction, persino quando parla di fatti reali; 2. la criminalità esiste, ed esiste indipendentemente dalla fiction che può ritrarla quando e come vuole. A Napoli come a Milano.
Solitamente reazioni del genere arrivano quando si toccano nervi scoperti o segreti (appunto) di Pulcinella.
Diversi anni fa un presidente del Consiglio italiano voleva impedire ad un film dal titolo Ladri di biciclette, di un certo Vittorio De Sica, di uscire dai confini nazionali perchè troppo deprimente e perchè le questioni della povertà e della crisi erano panni sporchi da lavare in casa.
Ladri di biciclette è uno dei capolavori del cinema italiano conosciuti nei quattro angoli del globo, l'uomo che ha detto quella stronzata è stato una delle tante figure molto potenti, poco edificanti e troppo discusse del nostro paese.
Gomorra – La serie è stata acquistata in circa 40 paesi del mondo e sarà la prima serie italiana trasmessa in Usa, grazie a Netflix.
Che poi la suscettibilità di quelli che vorrebbero chiudere gli occhi di fronte alle aberrazioni quotidiane che accadono sul nostro suolo abbia giocato a favore del battage pubblicitario, è innegabile. Così come i manifesti pro-Napoli e contro-Gomorra e le esternazioni del sindaco De Magistris. Sì, tipo quelle di Berlusconi quando si scagliò contro La Piovra, uno dei pochi altri “nostri” successi tv capaci di attrarre milioni di telespettatori. La fiction non lede l'immagine di un Paese, i personaggi pubblici e politici corrotti e schifosi, sì, però. Bisognerebbe tenerlo a mente.
I primi due episodi, che hanno bruciato i record d'ascolto della seconda serie di Romanzo Criminale, sono davvero ben scritti, girati e interpretati. Finalmente materiale di qualità capace di tenere testa a serie americane e inglesi: la storia di Ciro, del suo rapporto con il boss Pietro Savastano e suo figlio Gennaro (Genny!), la lotta del clan contro i suoi nemici, la caccia all'infame, gli scontri a fuoco, le vicissitudini quotidiane sono portate sullo schermo con una perizia rara in Italia. 
Seguendo un perfetto schema narrativo, vicende si snodano arricchendosi di dettagli immerse nello sfondo di un ambiente degradato, senza speranza e quasi alieno. Non si può che fare un plauso agli autori per la costruzione di queste prime puntate che, oltre ad intrattenere e incuriosire, gettano le basi per i prossimi 10 episodi in modo solido e con ampio respiro.
Ottima anche la scelta dei volti e del linguaggio quotidiano, forse edulcorato in alcune parti, ma comunque comprensibile senza la necessità di sottotitoli. Una scelta probabilmente obbligata, ma che non inficia la resa finale.
Unico punto a sfavore? Marco D'amore, l'interprete del protagonista Ciro Di Marzio, sembra il gemello bello di Roberto Saviano. Una strizzatina d'occhio superflua all'autore della matrice originale gomorriana?

Ma son dettagli (da ridere) ;-)

Puoi leggere anche:

giovedì 1 maggio 2014

Game of Thrones - S4E04 a fumetti :-)

"Una puntata senza Arya e il Mastino è un puntata sprecata!!"
Con questo grido mi lancio nella breve analisi dell'episodio 4 di Game of Thrones, orfano di morti (a parte un povero riccone all'inizio che sostituisce uno scontro tra eserciti) e denso di dialoghi. In buona sostanza, nonostante alcuni picchi, il primo episodio realmente rilassato che ci delizia solo con un colpo di coda finale particolarmente riuscito.
E allora, ecco la solita vittoria senza sforzi per Daenerys:



Mentre finalmente la nonna Olenna Tyrell si rivela ancora di più per quello che è: una ex attrice che ha interpretato ruoli di agente segreto e femme fatale!

Jaime (lascio da parte le sue disavventure sentimentali che prendono gran parte della trama) ha deciso di dare una svolta agli allenamenti con Bronn...


Tutto questo mentre arrivano sconvolgenti rivelazioni sulle creature sovrannaturali che minacciano Westeros...


giovedì 24 aprile 2014

Game of Thrones - S4E03 a fumetti :-)

Eccoci arrivati alla puntata numero 3 di Game of Thrones, dove i personaggi affrontano il dramma della morte di re Joffrey fregandosene bellamente, ognuno a modo suo. Pausa per Tyrion, l'unico che poverello ne paga le conseguenze in gattabuia, mentre si rivede Ditocorto...
Gran polverone ha sollevato la scena tra Jaime e Cersei ma, assenza di riguardi per il cadavere ancora caldo del figlio, davvero la vogliamo considerare una sequenza scandalo? Andiamo, come se non avessimo visto di peggio!
Persino George Martin ha finto di scandalizzarsi, come se (anima candida) non fosse stato al corrente di cosa contiene il telefilm con mesi d'anticipo...
@lucarinigiac



La vignetta sulla scena tanto contestata va in onda in stile più cartoon per edulcorare i toni (LOL)






giovedì 17 aprile 2014

Game of Thrones - S4E02 a fumetti :-)

Puntuale come ogni giovedì, torna l'appuntamento con le vignette dedicate a Game of Thrones! (Sì, lo so che è solo il secondo episodio, e la puntualità è tutta da dimostrare...)
Allora, avete godut, ehm, vi siete rammaricati per il lieto event drammatico fatto che ha messo fine alle nozze di Joffrey e Margaery? In pratica, a Westeros è più pericoloso sposarsi che fare la guerra... e chissà che bella piega prenderanno gli eventi dopo questo sconvolgente avvenimento!
Se vi piacciono le vignette, potete lasciare qui sotto un commento, magari con un suggerimento su cos'altro disegnare! E sempre trovarmi su twitter, sono @lucarinigiac, così possiamo anche scambiare due chiacchiere... ciao!






martedì 1 aprile 2014

Serie tv e finali "un po' così" pt.2: I SOPRANO

Il 10 giugno del 2007, per molti, sarà sembrato un primo aprile: parlo dei quasi 12 milioni di americani che erano sintonizzati sulla HBO per gustarsi l'attesissimo (a dir poco) episodio finale della serie tv più grandiosa e osannata degli anni Duemila, The Sopranos. Da noi I Soprano, trasmessa in modo punitivo con molta calma da Mediaset.
Continuando a parlare dei finali controversi della storia delle serie tv, non posso non riservare un posto d'onore a quello che è “il finale” per eccellenza.
Un episodio destinato a segnare la cultura popolare e monopolizzare le discussioni su siti, forum, bar e cene tra gli amici degli anni a venire.
Quello del finale dei Soprano è anche e soprattutto un grande atto d'amore per la propria opera e un gesto rivoluzionario del creatore, sceneggiatore e regista David Chase nei confronti di un pubblico che, in gran parte, non desiderava altro, dopo 6 stagioni, che una conclusione tragica e sanguinosa oppure (desiderio sciocco) un'impossibile prosecuzione di una storia ormai arrivata al termine del boss Tony Soprano e della sua famiglia.
Don't stop believin'
Chase, in modo intelligente, nega ogni bassa soddisfazione delle aspettative: rende evidente (sebbene non lo abbia mai ammesso in modo chiaro, per ovvia strategia) che Tony subisca un ultimo, fatale attentato alla vita, ma al tempo stesso, dopo aver creato molteplici segnali sul piano concreto e simbolico, ci nega la vista dell'avvenimento.
Grazie a dettagliatissime e quasi maniacali analisi degli ultimi 5 minuti dell'episodio (anzi, voglio fare il maniaco anche io: 4 minuti e 51 secondi), pare proprio che non ci sia altra lettura: Tony Soprano schiatta, sparato da un sicario che lo becca alle spalle uscendo dal bagno del locale dove è andato a cena con la sua famiglia.
La famiglia, ultimo atto.
In estrema sintesi, la grammatica del montaggio non lascia spazio ad ambiguità: Tony entra nel locale, il diner Holsten's e si siede tranquillo. Arriva sua moglie Carmela, poi arriva il figlio A.J. (emblematica la sua entrata: contemporanea e quasi secondaria rispetto a quello che sarà l'esecutore dell'attentato, il quale vedremo poi in altre inquadrature), e mentre i tre chiacchierano tranquilli e decidono cosa ordinare, attendono l'ultima componente, Meadow. Tony alza lo sguardo ogni volta che qualcuno entra (ingresso segnalato da un campanello) e noi vediamo il suo primo piano e poi il controcampo della porta. Cosa che non avviene all'ultima, attesa entrata: quella di Meadow, che assisterà dunque alla scena dell'uccisione del padre. C'è il primo piano di Tony e poi il nulla. Dieci secondi di schermo nero che hanno fatto la storia della tv recente e che rimarranno per sempre. La più sorprendente rappresentazione della fine della vita – il niente, con lo sparo che produce i suoi effetti ancora prima di essere udito.
Il sicario dalla faccia triste.
Siamo dalle parti del grande cinema, ma più in generale di una grande opera narrativa, e raramente in televisione si è vista una sequenza orchestrata con tanta cura e puntigliosità millimetrica.
Certo, non si vede l'atto dell'uccisione in sé, per cui le obiezioni sono possibili, ma difficilmente ci sono altre letture plausibili. Non avrebbe avuto senso dare sfogo agli istinti punitivi di un massacro, dopo tutta la violenza a cui abbiamo assistito.
E, Chase lo sa bene, non sarebbe stato comunque giusto nei confronti del suo protagonista: come Butch & Sundance, eternamente giovani in quel fotogramma finale del film, Tony Soprano rimane scolpito nell'estremo frame prima di svanire, senza subire lo scempio dell'esibizione della proprio annientamento fisico. E' così che se ne vanno le icone, no?
David Chase, la mente dietro ai Soprano.
Tutto torna nell'orchestrazione di Chase: dagli elementi più evidenti, tipo Tony che in un dialogo precedente definisce la morte “dissolvenza in nero”, a quelli simbolici, vedi la scelta di mostrare Meadow che non riesce a parcheggiare l'auto per due volte (come gli attentati precedenti, falliti, contro suo padre) e poi ce la fa (questo attentato va a segno).
Poi ci sono le cose folli da ultranerd, come gran parte degli avventori del locale che sono personaggi-comparse di altri episodi e avrebbero motivi per volere Tony morto, o i titoli delle canzoni che vediamo nel juke-box che potrebbero suggerire che sia un sogno... ma sono strizzatine d'occhio per confondere le acque.

Riservato.
The Sopranos, con il suo finale, ha saputo vincere la sfida di chiudere in maniera coraggiosa e originale, senza paura di risultare frustrante per gran parte del pubblico. Un capitolo conclusivo che ancora oggi fa discutere, arrabbiare, scrollare le spalle o esaltare, ma che di certo non sarà mai dimenticato. Un modo geniale per calare il sipario su quella che senza ombra di dubbio è una delle serie tv più profonde e importanti mai realizzate.

Curiosità romantica: il diner Holsten's esiste davvero e quando di recente è morto l'attore James Gandolfini, ha posto il cartello "riservato" nel posto dove Tony Soprano era seduto nell'ultima sequenza del telefilm. Well done.


mercoledì 12 marzo 2014

Serial writer: True Detective, come va a finire una serie già di culto

ATTENZIONE: leggere solo se avete visto TUTTA la serie “True Detective”
Non rovinatevi il finale, gente!
***
Ne avevo già scritto qui dopo il primo episodio. Sembra passato pochissimo, e invece siamo già alla fine degli otto episodi della celebrata serie tv della HBO True Detective.
E che finale. Come nella migliore tradizione delle serie “culto” della tv, TD ci saluta con un episodio conclusivo che lascia molti punti di sospensione e smentisce ogni possibile previsione.
La prima nota che sento di dover fare è: solo io ho pensato che questo episodio sia quasi un corpo alieno nella serie e che potrebbe quasi essere un cortometraggio a sè stante? Diamine, se includiamo anche il recap iniziale abbiamo: dialoghi che squadernano in modo preciso il rapporto tra i protagonisti, l'indagine che arriva ad una svolta con un indizio che non c'entra nulla con le indagini svolte in precedenza, una velocissima procedura che porta all'individuazione del colpevole, la caccia al colpevole, lo scontro finale, lo scioglimento e i saluti. Insomma, un mini-film compiuto.
Certo, una volta terminato il gioco degli incastri temporali e dei disvelamenti menzogne raccontate-verità mostrata la serie ha perso un po' di appeal. Era chiaro che lo scrittore (non uso questo termine a caso, adesso ci torno) Nic Pizzolatto non era interessato allo schema del whodunnit e al colpo di scena sul colpevole, ma creare semplicemente un lungo percorso di (de)formazione e redenzione dei protagonisti. Lo fa in maniera piuttosto esplicita e incurante degli stessi misteri che ha fomentato per lunghi tratti negli episodi precedenti: la gestione di questi ultimi minuti dimostra come l'autore sia stato posseduto dal demone della “letterarietà” e molto meno da quello del “genere” di appartenenza, sia esso noir, poliziesco, horror.
Lovecraft, Dante, Chambers, la Genesi: Pizzolatto ha voluto lavorare da solo alle oltre 500 pagine dello script della serie, ci ha infilato moltissime ossessioni personali, in modo evidente, e ripensando a True Detective nel suo complesso emerge tutta questa autorialità, inedita finora in tv, che è sia un punto di forza che un evidente limite.
Se TD è infatti molto coeso e coerente, manca forse di qualche finezza e alla fine le sbavature che un occhio esterno poteva correggere e sottolineare possono inficiare il risultato globale. I misteri accennati e abbandonati, le false piste seminate per poi disinteressarsene, i dettagli scioccanti (e chi si dimentica più la figlia di Hart che mette in scena uno stupro con le bambole?) senza alcun seguito... tutti elementi che contribuiscono all'atmosfera unica, affascinante e anche malsana della serie, certo, ma che finiscono per lasciare con un po' di amaro in bocca.
Non si deve rimanere abbagliati dalle prestazioni maiuscole degli attori e produttori Matthew McConaughey (osannatissimo, e ci sta) e Woody Harrelson (eccelso, che rischia al solito di finire in secondo piano) o dalla regia elegante, precisa e avvolgente di Cary Fukunaga: True Detective è principalmente figlia del suo scrittore, che ha trasferito gran parte di se stesso in Rust Cohle e Martin Hart, due caratteri precisi e umanissimi, antitetici ma speculari e bisognosi l'uno dell'altro. Con un vero, unico, grande, detective.
Non sorprende quindi la superficiale e sbrigativa trattazione dei personaggi femminili, che solo con Michelle Monaghan-Maggie trovano un reale carattere tridimensionale e di un certo spessore, sebbene spesso bistrattato solo in funzione di far risaltare il lato oscuro del “regular guy” Martin Hart. Il resto sono bambine abusate, figlie disfunzionali, prostitute, libertine (sebbene con carattere, vedi la troppo breve apparizione di Alexandra Daddario) scritte forse con tratti troppo sommari. 
Questo vale anche per il resto dei personaggi maschili, figure poco attraenti e interessanti perchè mai davvero dotate di autonomia e vita. I colleghi del dipartimenti, i capi, i cattivi, i poliziotti che interrogano nel presente Rust e Martin: tutto viene fagocitato e spazzato via dalla dimensione archetipica e centripeta dei due protagonisti assoluti che, a scanso di equivoci, sono trattati talmente bene in sede di scrittura nella loro parabola da giustificare la visione anche solo per questo.
Insomma, Pizzolatto ha fatto un ottimo lavoro, ha creduto moltissimo nelle sue capacità e ha vinto la scommessa: gli si perdonano anche certe leggerezze che soprattutto sul finale hanno lasciato un po' di perplessità. Va bene il vortice infernale dantesco in una visione che è anche metafora dell'esistenza, ma uno showdown cruento e cartoonesco come quello che abbiamo visto lo poteva scrivere un ragazzino di 18 anni in pieno delirio pulp. E forse contrasta col tono del resto della serie. Ma ripeto, la visione dell'autore va rispettata e goduta per quello che è. Persino Rust Cohle, il Michael Jordan dei figli di puttana, che abbandona alla fine un po' del suo tormento ed esce a riveder le stelle: “La luce sta vincendo”. Certo, là fuori ci sono ancora molti stupratori di bambini, persino della stessa cricca a cui i due stavano dando la caccia.


Ma True Detective è stata una personale odissea di due uomini alla ricerca di un senso alla propria esistenza e a quel mondo paludoso che li circonda, e non un procedural qualsiasi, non un noir esistenziale, non un'ordalia horror sui serial killer.
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