Innanzitutto perdonate lo sfottò conclusivo ai cosiddetti film "indie", che spesso brillano in negativo per le loro velleità autoriali ma denunciano soltanto maldestre capacità nelle sceneggiature e/o nella regia. La riflessione nasce naturalmente dalla quantomai attuale e vasta reazione popolare - nel vero senso del termine, per una volta: non nei ristretti ambiti di critichini e criticoni paludati - al premio Oscar™ La Grande Bellezza, con deragliamenti annessi e connessi.
Ho sentito l'esigenza di mettere su carta (la triste, vecchia e demodé carta) qualche
spunto forse utile a ripensare la critica. Certo, non sarà originale, ma siccome non esiste - vivaddio - un manuale di valutazione dell'opera cinematografica che fissi nella pietra delle coordinate attraverso le quali riconoscere dove sta di casa l'autentico genio e la fuffa ben orchestrata... nemmeno possiamo lasciare che l'alibi della soggettività fagociti e annichilisca tutto il dibattito.
Allora, ecco un parziale e inelegante contributo su come si possa distinguere un reale lavoro d'autore da qualcosa che gli si avvicina, gli somiglia ma in realtà è pura masturbazione intellettuale. Il lavoro di un autentico autore si può riconoscere da:
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2 - Stile personale e riconoscibile. Tradurre questa poetica (la "cosa" impalpabile che ti rimane alla fine della visione) con lo strumento della regia vera e propria. La macchina da presa come penna, stiletto, ascia. I movimenti o la staticità, la firma del regista sta nel suo scegliere cosa mostrare del cosa vuole raccontare, attraverso ogni startagemma della grammatica del cinema a sua disposizione. Quando vedi una sequenza e riconosci subito chi l'ha girata, è stile. Puro.
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4 - Coraggio di osare con soluzioni inedite. Certo, è sempre più difficile trovare nuovi modi espressivi, soluzioni visive o espedienti narrativi. Eppure un vero autore spesso ci spiazza e ci sorprende con qualcosa che renderà l'opera memorabile, o magari diabolicamente, deliziosamente controversa.
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6 - Sfida allo spettatore. Lo spettatore, per l'autentico autore, non è un corpo passivo
abbandonato sulla poltrona: deve avere parte attiva, deve essere scaraventato dentro lo schermo, soffrire, gioire, chiedersi che diavolo sta vedendo e trovare cosa si nasconde al di là della piatta proiezione della pellicola (o del video). Un grande regista sa giocare con eleganza con il suo "topo" e portarlo dove vuole, oppure sbatterlo fuori strada, in un (im)possibile rapporto dialettico, paradossale in un mezzo che si fonda sulla semplice visione.
Fine della prima parte. Nella prossima, ci divertiamo a sezionare i segaioli della presunta autorialità cinematografica.
Ciao.
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