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martedì 28 ottobre 2014

10 Cose da Websocialcosi: Come Pensare e Scrivere un BEL Post per il tuo Blog

foto via
Hai due righe per fare colpo sul lettore. Due righe.

Cosa fai? Gli dici che ha due righe per fare colpo sul lettore in un post scritto per dirgli come fare colpo sul lettore con i suoi post.

Pensa ad un piccolo cagnolino bagnato e bisognoso di affetto che ti guarda con i suoi grandi occhioni in attesa di affetto e riparo: irresistibile e emozionante! Ecco, il tuo post deve esercitare lo stesso effetto con il lettore, con la promessa di tanto amore.

Sei ancora qui? Oppure sei andato a cercarti l'ennesimo articolo che si apre con un “Vuoi sapere come scrivere il post perfetto? Bene, adesso ti dico come fare per scrivere il post perfetto. Se vuoi scrivere il post perfetto, continua a leggere questo articolo scritto per spiegarti come si scrive il post perfetto...” (non ho bisogno di aggiungere altro, vero?)

Non c'è trucco e non c'è inganno: non ti darò la solita formuletta per poi dirti che devi essere autentico – ma davvero nessuno si rende conto delle contraddizioni? -, non ti fornirò neppure infografiche né tantomeno numeri che puoi trovare in altri posti.

Qui ti farò pensare un pochettino sul senso dei tuoi post.

Questa è l'unica promessa - che secondo l'opinione comune dovrebbe caratterizzare tutti i post – che ti faccio: se scrivi qualcosa sul tuo blog è perché vuoi offrire qualcosa a chi è appassionato e/o ha bisogno di qualcosa, guadagnandoci di ritorno “in visibilità” e riconoscimento.

Allora via! Anzi, stop. Prima di scrivere hai bisogno di una lunga fase di studio. Lo hai fatto? Hai meditato bene sui macro-argomenti, li hai divisi in singoli aspetti da affrontare e hai individuato già quali e quanti post realizzare?

Una volta dopo aver strutturato bene nella tua testa tutto questo, puoi iniziare a scrivere i tuoi post. Scrivere per il web è un esercizio utilissimo e può dare grandi soddisfazioni. Ti insegna ad essere preciso, chiaro, attento e personale. 
Continua a scrivere, segui chi ti piace e impara da loro. Adesso però, permettimi di darti una mano a ragionare su quelle cose che ti sentirai dire in ogni angolo dell'internet.

  1. Incipit folgorante. Chuck Norris e i suoi calci rotanti devono essere NIENTE in confronto all'attacco dei tuoi post. Solo che tu hai una tastiera, e la devi usare meglio del semplice sbatterla in faccia al prossimo. Puoi farcela: parti col botto, tipo con frase lapidaria, o domanda secca, o citazione saggia (attinente). Devi dare TUTTO nelle prime dieci parole. Pensaci. E ripensaci. Non fare il furbo, ripensaci ancora.
  2. La promessa. Va bene, devi far capire bene di che cosa parlerai e come lo farai, ma ricordati che hai già un titolo. Se io ho cliccato arrivando da te perché mi hai scritto Ecco come scrivere un bel post, non serve che me lo ripeti per tre righe. Dammi qualche motivo per cui il tuo articolo dovrebbe essere meglio degli altri, non stare lì a dirmi semplicemente che adesso mi dirai le regole per scrivere un bel post. Le ripetizioni e le ridondanze sono odiose. Lo stesso vale per – chessò – una recensione di modellismo. Dimmi perché la tua è meglio delle altre, o spara qualcosa che mi tenga incollato fino alla fine, ok?
  3. Le emozioni. Hai presente il cagnolino bagnato e bisognoso di affetto che dicevo in apertura? Ho giocato sporco, lo ammetto. Magari lo hai visualizzato, magari no: sei senza cuore, o ti piacciono i gatti. Però ha un'alta probabilità di funzionare. Funziona meglio, naturalmente, se riesci a scrivere in due righe qualcosa in cui l'utente si possa identificare. Esempio: Perché dovresti leggere? Perché nella vita di tutti i giorni ti sarà certamente capitato... (ma per carità, scrivi cose che DAVVERO hai visto e vissuto, altrimenti meglio tacere)
  4. Elenchi, immagini, clic-to-tweet e altre robine carine e spezza-testo. Certo, la varietà è utile, no? Ma va utilizzata con criterio. Un elenco è spesso il corpo del testo, quindi deve essere preciso, veloce, essenziale, chiaro. Le immagini sono belle e generano attenzione, ma non metterne 5 in un post di mezza pagina, eh. Secondo me, anche due spesso sono troppe. Parti sempre dal less is more, almeno per quanto riguarda il “carico visivo”: e pure con citazioni ed embed vacci piano: dal carino all'insopportabile il passo è brevissimo.
  5. Stile. Stile è una parola che mi piace. Anzi, l'adoro. Lo stile, per me, è tutto o quasi. Non voglio leggere articoli senza stile. La banalità è il Male. Puah. Persino un elenco di cose note e arcinote nelle giuste mani può diventare qualcosa di eccitante (ogni riferimento a questo post è puramente casuale). Non strafare, ma neppure scrivere da impiegato statale. Anzi, valuta bene le tue capacità: se dopo un anno ancora non hai uno stile preciso, se copi e incolli e rielabori, se ti escono fuori solo cose anonime, magari riconsidera la tua attività sul web. Ti eviterai un sacco di perdite di tempo e potrai dedicarti ad imparare ad andare in windsurf.
  6. La ricetta della nonna. Ah, quanto mi piace quando leggo cose tipo: ehi, vuoi fare un post che faccia colpo, baby? Allora ricorda: titolo-promessa-sottotitolo-testo-call to action-altro sottotitolo-call to action finale. Anche Bendetta Parodi tra poco scriverà un libro di ricette sul blogging. La struttura è importantissima, ma non pensare nemmeno per un minuto che utilizzare una formula sia il segreto del successo. Se sarai sempre uguale, non andrai da nessuna parte. Siamo un Paese di svogliati e abitudinari, ma questo non vuol dire che il tuo blog debba essere noioso. E soprattutto, il successo di un post dipende dal contenuto e non dalla forma (la quale, comunque, se non fa schifo aiuta).
  7. Il tono. Tutti ti diranno di rivolgerti al lettore direttamente. E su questo siamo d'accordo. Tutti ti diranno di essere serio ma non serioso, soprattutto se vuoi fare colpo a livello professionale. E siamo d'accordo anche su questo. Te lo dico anche io? , perché non c'è niente di peggio di qualcuno che scrive in modo generico e con tono generico. Dare del tu al lettore è un modo bellissimo di rompere il ghiaccio ed entrare in una virtuale confidenza, ma ricorda: è un approccio educato, non un dare di gomito continuamente cercando una complicità forzata. Non dare niente per scontato e scrivi sempre ricordando che ti stai rivolgendo ad uno sconosciuto.
  8. Semplicità, originalità e blablabla. Questo è un altro grande cavallo di battaglia di chi consiglia per professione: sii sintetico! Sai che ti dico? Puoi anche non esserlo. Semplice non vuol dire liofilizzato e/o schematico. Semplice significa chiaro e piacevole, comprensibile e divertente. Evita frasi troppo articolate, periodi lunghi, subordinate, e ok. Ripassa un po' di grammatica e di analisi logica. Una frase ben scritta si legge sempre bene e volentieri, anche se è un po' più lunga del dovuto. I concetti devono poi essere espressi in modo originale: nessuno ti chiede di essere il nuovo Baricco, sia chiaro, ma la stessa cosa, nella nostra meravigliosa lingua, può essere espressa in mille modi differenti e puoi trovare il tuo, senza replicare le “solite” frasi note e quindi uccidere l'interesse del povero utente arrivato lì per caso. Noterai che in questo elenco non ho previsto la voce “lunghezza”. Se sei interessante non esiste lunghezza, chi ti dice che devi stare entro un tot di parole (300, 400, 600) ti giudica già un povero blogger sub-umano.
  9. Inserisci i link. A chi piacciono, a chi meno, ma servono, eccome. Se hai delle fonti o delle pagine che sono utili da consultare per il lettore, le devi citare. Questo ti rende bello, bravo e forte (oltre che onesto e colto). Se poi riesci a connettere i tuoi articoli tra loro in modo fluido, tanto meglio. I link interni sono una manna dal cielo per la permanenza del lettore sul tuo blog. Ricorda: inserisci solo cose strettamente attinenti, non essere pretestuoso, altrimenti vanifichi tutto il lavoro.
  10. Leggi, rileggi, fai leggere e rileggere, studia. Niente è peggio dei refusi. Certo, nessuno è perfetto, per cui sbagliare ogni tanto ti rende umano. Però non scrivere strafalcioni, sciocchezze o cose inesatte potrebbe essere meglio, vero? Allora non avere fretta nel pubblicare, leggi tutto 3 o 4 volte, se hai qualcuno a portata di mano chiedi un controllo (è utilissimo: e, se si addormenta mentre lo fa, probabilmente devi ripensare il testo). Poi, tra un post e l'altro, studia, leggi, informati: ti aiuterà a scrivere meglio. Leggi sempre. Migliora costantemente.
Questo ci porta in modo diretto alla conclusione: vuoi scrivere contenuti utili e interessanti? Devi essere una persona utile e interessante, qualsiasi sia il tuo campo d'azione. Questo è fondamentale, non puoi fingere.

Ricorda, non potrai mai risultare diverso dal qualcuno che intimamente sei, neppure attraverso una scrittura assemblata con le migliori formule dei vari dottor Frankenstein del web.

Prima di tutto, quindi, devi lavorare su te stesso.

Se ti va, leggi anche:
- Come scrivere uno stamaledetto titolo del post che faccia colpo!

lunedì 25 agosto 2014

Il contenuto utile è il Santo Graal. Ma come trovarlo?

Fonte
Fermo lì, gentile lettore, rimani incollato a questo articolo: ti spiegherò quanto e come un post nel tuo blog può essere (ritenuto) utile.

Ok, ci ho provato. Non sono ancora particolarmente bravo negli “attacchi” dei post, eh?
Quello che ho tentato di fare è lanciarti una secchiata d'acqua fredda nella prima riga e mezzo, per poterti presentare una piccola riflessione su ciò che si intende per contenuto utile.

Dopo mesi di letture in lungo e in largo per il web, su temi che riguardano informazione, social media, marketing e tecnologia, ho – da modesto giornalista quale sono – rilevato una semplice suddivisione di tipologie di utilità, che tu, scafato surfer internettiano, magari troverai ovvia. Però...

Tutorial (inglobo qui anche l'elenco di risorse), commenti & notizie, post “di sostanza” (temi generali, elaborazione di dati, teorie). Tralascio – al momento – interviste e recensioni, utili sì ma spesso in ottica di “semplice” smm, mentre i guest post possono ricadere in ognuna delle categorie sopra esposte.

Per uno come me che arriva dal mondo giornalistico, il tutorial è un po' come la notizia “di servizio”, fatta di elementi utili ma non interessante in sè. È vero, rimane per chi lo ha scritto un “patrimonio” dalla vita lunga, che non scade per molto tempo e che probabilmente otterrà accessi giornalieri costanti per diversi mesi, se non addirittura anni – fino al prossimo aggiornamento del sistema affrontato.

Ci sono poi i post che commentano notizie o fatti “del giorno” (es. la campagna #coglioneno, il dibattito sul giornalismo online) che sono l'equivalente delle notizie di cronaca nera o i lanci ANSA sulle dichiarazioni dei politici: spesso sono riflessioni di un certo interesse ma nascono e muoiono in quel preciso istante ed hanno un periodo di vita abbastanza breve, considerato anche che non possono essere aggiornate, se non in modo limitato ed episodico.

Infine, abbiamo i post “di sostanza”. Laddove nel mondo dell'informazione un articolo narrativo su un grande tema – lo storytelling applicato ad un fatto, elevato a sociologia - può raccogliere innumerevoli clic e avere una vita editoriale potenzialmente infinita, così alcuni post dedicati alle questioni centrali e cruciali dei social media, di internet e del web marketing possono durare in eterno.

Questa, per me, è la vera utilità che va oltre il (semplice?) risolvere un problema immediato dell'utente generico del www.

Non è sempre vero che un articolo breve è un articolo di successo (e viceversa). Lo è, spesso, in relazione alla chiarezza espositiva e alla gradevolezza della formattazione del testo. Un post di content marketing non è una pallosa nota politica: il pubblico che legge un articolo sui social o su un argomento che gli sta particolarmente a cuore, nonostante vada adescato con un incipit fenomenale, avrà una soglia d'attenzione più alta e non gli peserà la manina per scollare un po' in basso.

Statisticamente parlando, è anche più probabile che un utente, leggendo un articolo bello, illuminante e ricco di spunti, sia stimolato a salvarlo nei preferiti e a mandare a memoria il nome dell'autore (che poi verrà seguito su Twitter, sulla sua pagina FB, su LinkedIn...) rispetto ad un semplice tutorial.

Correggimi se sbaglio, ma spesso se vai a consultare un tutorial lo utilizzi soltanto per risolvere la tua necessità del momento e poi lo chiudi, a meno di non trovare qualcosa di veramente interessante.

Questo ci insegna che, certo, bisogna essere fighi anche nello scrivere delle semplici istruzioni (altro che il manualetto della radiosveglia!).

E tu come la pensi?

...e se hai voglia di leggere ancora qualcosa...
- Come utilizzare meglio i social (e non deprimerti)
- L'idea (è) l'azione: tre consigli (e un esempio)
- Prima di pensare al successo... migliora te stesso!

lunedì 11 agosto 2014

Perchè quando parlo nessuno mi ascolta?

Come si riesce a farsi ascoltare? Avendo cose interessanti da dire, ovvio.
Un po' meno ovvio è capire cosa sia davvero interessante per gli altri e quali siano i comportamenti che, durante una conversazione live oppure online, ci allontanano le persone invece di attrarle e ci rendono interlocutori poco piacevoli e/o affidabili. 
In questo post ho provato a stilare un piccolo elenco di comportamenti da evitare – o almeno, limitare – per avere una buona conversazione con gli altri senza risultare pesanti, noiosi, subdoli o poco efficaci. Insomma, per evitare di doverci chiedere: "Ma perché quando parlo nessuno mi ascolta?"

GOSSIPPARE
Ci sono persone che vivono solo per questo, lo so. Ma noi non siamo questo tipo di persone, vero? Neppure ci piace, questa tipologia, in cui però rischiamo di cadere senza nemmeno accorgercene. Indulgere nel pettegolezzo fa di noi, oltre che dei pettegoli – un'etichetta mai favorevole alla nostra crescita relazionale – anche dei potenziali oggetti di gossip. Lo sai che nella vita tutto torna indietro, specialmente nel campo delle dicerie, vero?

GIUDICARE
Ogni volta che esprimiamo un'opinione stiamo potenzialmente giudicando qualcosa o qualcuno. Con una differenza: se l'opinione è espressa con educazione e tatto, si evita di fare la figura dei tribunali viventi. Giudicare significa anche farsi influenzare dalla prima impressione o da qualche dettaglio superficiale. Credo sia sempre meglio fare un bel fact checking, prima di sbilanciarsi pubblicamente in qualche giudizio. Non credi?

NEGATIVITÀ
Ci sono persone che hanno il superpotere di vedere tutto nero, sempre e comunque. Sono sicuro che hai presente quei tipi che sembrano la personificazione della Legge di Murphy: se qualcosa può andar male, lo farà. Le persona negativa è quella che, con ogni frase che pronuncia, sembra volerti trascinare a terra sia l'umore che i progetti. Hai un'idea? Ti dirà che è folle. Stai creando un progetto innovativo? Ti farà l'elenco dei motivi per cui potrebbe naufragare. Vai in vacanza? Di sicuro ti elenca le malattie e i cataclismi di quel posto. Insomma, piacevolissimo. Il che ci porta direttamente al prossimo punto...

LAMENTARSI
Non è che io non sia empatico... è proprio che non riesco a capire chi non fa altro che lamentarsi di ogni cosa. Ognuno di noi, per rimanere nell'ambito dei social, ha di sicuro un contatto che non fa altro che scrivere lamentele su qualsiasi cosa che gli capita, 24 ore al giorno, 365 giorni l'anno. Sono certo che spesso, leggendolo, pensi: “Diamine, mai una cosa che vada bene! Ma chi me lo fa fare di leggere sempre queste pesantezze?”. Ecco, vorresti che gli altri pensassero questo di te? Allora rifletti bene prima di polemizzare – magari cercando di cambiare direttamente le cose prima di scrivere uno status!

ESAGERARE
Ok, per rendere un discorso più interessante e piacevole si possono usare dei superlativi, delle iperboli, magari anche un pochino di fantasia nel colorare qualche dettaglio.
Ma non esagerare! Quante volte ti sei ritrovato di fronte interlocutori che non facevano altro che ingigantire dei dettagli insignificanti o insistere sulle sue avventure con vip di qualsiasi livello e natura? Non parliamo poi di quando il discorso finisce per diventare palesemente artefatto e costruito, magari addirittura fasullo (dalla serie: ti compare sulla fronte la scritta MI STAI PRENDENDO PER I FONDELLI?)
Esagerare nel ripetere, nell'insistere, nel millantare esperienze e conoscenze: tutte pratiche poco amiche della piacevole conversazione, online e offline.

TROVARE DELLE SCUSE
Un'altra tipologia di comportamento poco piacevole è quella di incolpare gli altri per giustificare i propri errori. Un po' meno gratuito del gossippare, ma altrettanto fastidioso. Quando si parla di un argomento, vengono tirate in ballo fantomatiche responsabilità altrui senza che i diretti interessati possano difendersi. Francamente, se non conosco bene chi è oggetto del discorso, tendo a dubitare di ogni parola. 

ESSERE RIPETITIVI
Questa è una cosa che mi angoscia: spesso mi chiedo “quanto sono ripetitivo nelle conversazioni?”. Non so se sia una mia personale fissazione, ma cerco sempre di tenermi informato e aggiornato per non risultare noioso con gli interlocutori. C'è chi non fa altro che parlare del suo lavoro, chi ha un unico interesse e ti costringe a sentire solo di quello, chi addirittura ti racconta ogni volta lo stesso aneddoto che gli è capitato... un incubo! Per questo è sempre bene avere cose da dire e da raccontare (non necessariamente gossip e opinioni in liberà, però!).

LE VERITÀ RIVELATE
Ovvero le opinioni spacciate per fatti, anzi peggio: per dogmi. Hai presente quando parli con qualcuno e non appena tiri fuori un argomento che ti piace quello si mette a pontificare con frasi che non ammettono replica? E inoltre, quando provi ad argomentare e a dire la tua, quello ti guarda con sufficienza e ripete il suo assioma assicurandoti che sei sulla strada sbagliata. Ecco, bello dialogare con chi non ammette il dialogo, vero?

Queste sono le prime cose che mi sono passate per la testa pensando a cosa non mi piace durante una conversazione. Quali sono le tue?

Se vuoi leggere qualcos'altro...
- I sette peccati capitali dei social media

- Il segreto del successo? Stare calmi.
- Post perfetto, esiste la formula?

giovedì 6 marzo 2014

Film d'autore o sega artistoide? Prima parte

Innanzitutto perdonate lo sfottò conclusivo ai cosiddetti film "indie", che spesso brillano in negativo per le loro velleità autoriali ma denunciano soltanto maldestre capacità nelle sceneggiature e/o nella regia. La riflessione nasce naturalmente dalla quantomai attuale e vasta reazione popolare - nel vero senso del termine, per una volta: non nei ristretti ambiti di critichini e criticoni paludati - al premio Oscar La Grande Bellezza, con deragliamenti annessi e connessi.

Ho sentito l'esigenza di mettere su carta (la triste, vecchia e demodé carta) qualche
spunto forse utile a ripensare la critica. Certo, non sarà originale, ma siccome non esiste - vivaddio - un manuale di valutazione dell'opera cinematografica che fissi nella pietra delle coordinate attraverso le quali riconoscere dove sta di casa l'autentico genio e la fuffa ben orchestrata... nemmeno possiamo lasciare che l'alibi della soggettività fagociti e annichilisca tutto il dibattito.

Premesso che per cinema d'autore intendiamo quel cinema che, una volta visto, vissuto e digerito acquista senso in virtù del regista che lo ha partorito (alla luce di opere precedenti, di curriculum, di finalità e ambizioni) e non staremo a dibattere su come anche il cinema di genere sia d'autore (tesi reale e concreta con infiniti esempi).
Allora, ecco un parziale e inelegante contributo su come si possa distinguere un reale lavoro d'autore da qualcosa che gli si avvicina, gli somiglia ma in realtà è pura masturbazione intellettuale. Il lavoro di un autentico autore si può riconoscere da:

1 - Poetica originale. Dove non importa il cosa, ma il come. Un'idea del mondo sviluppata nel proprio animo che si traduce in una visione del mondo sul grande schermo, che può essere attribuita solo e soltanto a quel preciso regista. Un autore può raccontarti mille storie diverse con la stessa poetica, rendendo il suo intero opus cinematografico in qualcosa di coerente, collegato, intenso, inconfondibile.

2 - Stile personale e riconoscibile. Tradurre questa poetica (la "cosa" impalpabile che ti rimane alla fine della visione) con lo strumento della regia vera e propria. La macchina da presa come penna, stiletto, ascia. I movimenti o la staticità, la firma del regista sta nel suo scegliere cosa mostrare del cosa vuole raccontare, attraverso ogni startagemma della grammatica del cinema a sua disposizione. Quando vedi una sequenza e riconosci subito chi l'ha girata, è stile. Puro.

3 - Elementi/Temi ricorrenti. Il corpo, il tormento, la redenzione, la figura del loser, il potere, l'ossessione... Un vero autore ha dei demoni e delle fissazioni che traduce nelle sue opere in modo più o meno marcato, opere tese ad esplorare territori che gli sono congeniali o con i quali si trova ogni volta a fare i conti, consapevolmente o meno.

4 - Coraggio di osare con soluzioni inedite. Certo, è sempre più difficile trovare nuovi modi espressivi, soluzioni visive o espedienti narrativi. Eppure un vero autore spesso ci spiazza e ci sorprende con qualcosa che renderà l'opera memorabile, o magari diabolicamente, deliziosamente controversa.

5 - Fiducia nel potere delle immagini. Occhio, non banale cura formale o iperleziosità della messa in scena: intendo il cinema come potere d'affabulazione. Alle volte impazzisco quando i dialoghi spiegano cosa vediamo, abbiamo visto o addirittura vedremo, o quando si sottolinea con qualche dettaglio un concetto già chiaro nella narrazione. Se, poi, è teatro filmato, non è cinema. L'autore di cinema, che non è uno scrittore nè deve avere velleità letterarie se pure sceneggia, pensa in funzione della ripresa, dell'effetto finale del raccontare per immagini. E ragiona per immagini, fidandosi delle stesse.

6 - Sfida allo spettatore. Lo spettatore, per l'autentico autore, non è un corpo passivo
abbandonato sulla poltrona: deve avere parte attiva, deve essere scaraventato dentro lo schermo, soffrire, gioire, chiedersi che diavolo sta vedendo e trovare cosa si nasconde al di là della piatta proiezione della pellicola (o del video). Un grande regista sa giocare con eleganza con il suo "topo" e portarlo dove vuole, oppure sbatterlo fuori strada, in un (im)possibile rapporto dialettico, paradossale in un mezzo che si fonda sulla semplice visione.

Fine della prima parte. Nella prossima, ci divertiamo a sezionare i segaioli della presunta autorialità cinematografica.
Ciao.

mercoledì 5 marzo 2014

Le dieci peggiori argomentazioni a difesa di La Grande Bellezza

Quando ho scritto Il post definitivo su La Grande Bellezza, ovviamente stavo scherzando. Ma vedere ancora oggi così tanto accanimento nel dibattito online e offline (ma soprattutto online, va detto) da entrambe le fazioni, pro e contro il film di Paolo Sorrentino, impone un addendum. Sicuramente più leggero, sciocchino e incompleto, ma che trovo quasi impossibile da evitare. Di fronte alle critiche negative, quando non alle offese maleducate alla pellicola, i difensori (della prima e/o dell'ultima ora, quelli che si sono svegliati dopo l'Oscar e quelli che l'hanno vista in tv con tanto di pubblicità) hanno sfoderato considerazioni interessanti.

Insomma, ecco le dieci peggiori argomentazioni che ho visto in giro a sostegno de La Grande Bellezza.

Iniziamo dal classicissimo...

1 – Chi critica Sorrentino è un invidioso. E di cosa precisamente? Il 99% di chi parla di cinema non ha mai preso in mano una cinepresa (o una videocamera, o comunque realizzato un'opera cinematografica) o scritto una sceneggiatura e questo non è mica un delitto. Anche perchè la realizzazione tecnica è forse la cosa meno attaccabile del film. Il pubblico deve avere voce in capitolo e dire la sua su un'opera. Il cinema, anche d'autore, è un mezzo espressivo popolare e come tale può e deve essere giudicato. Di cervello e di pancia. Ed è sempre un valore aggiunto ascoltare e meditare.

2 – Il film “non è per tutti” (aka: de gustibus... aka: va capito [come i bambini speciali]). L'ho già espresso in precedenza, ma è da ribadire. E' una spiegazione troppo facile, che tende a liquidare la pluralità delle opinioni. Certo che, alla fine della visione, uno è libero di pensare che sia un tipo di cinema che fa più o meno per lui. Ma questa uscita pilatesca non serve a nulla, solo a non esporsi o chiudere sbrigativamente la pratica della discussione.

3 – Sbagliati i paragoni (al ribasso) con Fellini. Sbagliato mettere le opere di due autori sullo stesso piano, questo è certo. Ma quando uno dichiara apertamente un referente, si chiama i paragoni. Specialmente se tutta l'operazione si fonda su un (onesto, ruffiano, calcolato: quello che sia) recupero delle atmosfere che fecero grande e memorabile un periodo. E poi non limitiamoci a La Dolce Vita: prendiamo Roma, Satyricon, ...

4 – Fossimo stati in un altro Paese, sarebbe osannato a prescindere (implicito: noi italiani siamo stronzi e in particolare lo sono quelli che criticano negativamente). A parte che a me osannare senza costrutto pare inutile, è un'argomentazione che si basa sul nulla. Non mi risulta che all'estero pellicole vincitrici – o i loro autori - non abbiano ricevuto critiche o siano state incensate all'inverosimile. Ma come al solito i discorsi “vagamente patriottici” basati su affermazioni infondate son sempre dietro l'angolo.

5 – La vittoria di LGB è una vittoria del cinema tutto e la rivincita del cinema d'autore italiano. Ne riparliamo ai prossimi bilanci del box-office nazionale...

6 – Questa vittoria sarà d'ispirazione per i giovani a “fare cinema”. Con quali soldi e con quali mezzi? Ma soprattutto, con quale distribuzione? C'è poi la variabile di non poco conto che, se già qualcuno che imita Tarantino con materiale pulp gira schifezze, pensiamo ad un pallido imitatore delle sceneggiature e dello stile di Sorrentino... brr

7 – Ha vinto tanti premi, quindi non va criticato. Questa si commenta da sola (o forse no, ma tanto se uno la pensa così, spenderci parole è inutile).

8 – Fa bene all'immagine dell'Italia. Su questo non ci piove, un riconoscimento che faccia circolare il nome del nostro Paese all'estero è sempre una buona cosa, ma (accidentavvoi) non è che ne vada del buon nome del Paese se si ammette che magari l'opera in oggetto non è esente da difetti.

9 – Eh, ma tanti geni sono stati disprezzati nella loro epoca eppure le loro opere adesso sono considerate capolavori. Allora avergli dato l'Oscar e altri premi adesso certifica che sia un film sopravvalutato e di poco conto?

10 – Non capite un cazzo di cinema. Sempiterno, monolitico, universale invito al rispetto reciproco e lo sviluppo della cultura in Italia.

Conclusione: è chiaro che si ragiona sulla base di estreme semplificazioni e che ovviamente le argomentazioni negative sulla pellicola sono altrettanto labili quando non totalmente offensive per l'intelligenza. Mi riferisco a quei “fa schifo”, “è noioso, incomprensibile, orrendo”, “la grande (termine spregiativo a caso, di solito non molto elaborato)” eccetera. Quando però si difende un'opera, andrebbe difesa nel modo migliore: ovvero argomentando i motivi per la quale si ritiene meritevole, e renderli comprensibili e magari condivisibili alla controparte.

Ma si sa, ciò che è difficile e faticoso da spiegare viene spesso compensato dall'utilizzo del nostro meraviglioso turpiloquio nazionale...
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