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martedì 18 marzo 2014

47 Ronin: un film senza padrone (e senza bussola)

La storia dei 47 ronin che, per vendicare il loro signore ucciso con l'inganno da un miserabile usurpatore, cercarono vendetta soli contro un esercito, disobbedendo agli ordini dello Shogun, in Giappone è talmente sentita che rasenta la festa nazionale.
L'idea di farne un film americano, con attori nipponici che recitano in inglese, è già di per sé bislacca: ma ci può stare. Se poi però ci metti come lead man Keanu Reeves che fa il mezzosangue (sia mai che in Occidente ci vediamo un film di soli musi gialli!), e addirittura il mezzosangue schifato dai samurai, cresciuto coi demoni (?) che dovrà farsi accettare dal gruppo e che... ama ed è amato dalla figlia del padrone, la ricetta inizia a deragliare. Infiliamoci anche dei mostri che spuntano a caso in computer grafica, e l'odore di bruciato è ben più che una certezza.
Il film di Carl Rinsch, regista inglese di spot pubblicitari, ha formalmente tutte le cose al suo posto: girato bene, con fotografia sontuosa, costumi azzeccati e d'impatto, scenografie ben piazzate. Per non parlare del cast asiatico: Cary-Hiroyuki Tagawa, Hiroyuki Sanada, Kou Shibasaki, Tadanobu Asano e Rinko Kikuchi.
Peccato che fare di una storia di vendetta e onore un semi-fantasy balbettante con troppa carne al fuoco e trama sviluppata in modo timido in ogni direzione non aiuti affatto. Per carità, il film si lascia vedere come un cartoon del sabato mattina: ma quante potenzialità sprecate! Basta vedere la velocissima parte finto-piratesca (sicuramente tranciata in montaggio, c'è pure Zombie Boy sulla locandina che comparirà sì e no 30 secondi!) per rendersene conto.
47 Ronin purtroppo è un film deludente per svariate ragioni, prima di tutto la filosofia di partenza. Fare di una storia profondamente orientale un film occidentale, cercando di renderlo digeribile al pubblico dei multisala, al tempo stesso snaturando la struttura drammatica e cruda del racconto con inserti di quello che dovrebbe essere fantasy giapponese (!)... è assurdo. Il risultato è maldestro, penalizza le interpretazioni, costrette in personaggi tagliati con l'accetta (la strega di Rinko Kikuchi è trattata peggio che nei cartoni animati di quarant'anni fa!). Insomma, un pastrocchio che alla fine è anche guardabile, ma che lascia un grandissimo sapore amaro in bocca per le potenzialità inespresse e per la mancanza di epicità e divertimento.

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